Ponte sul Bosforo, Ponte sullo Stretto - QdS

Ponte sul Bosforo, Ponte sullo Stretto

Carlo Alberto Tregua

Ponte sul Bosforo, Ponte sullo Stretto

giovedì 29 Novembre 2018
L’amministratore delegato di Rete ferroviaria italiana, Maurizio Gentile, nel dichiarare che nei prossimi anni saranno investiti in Sicilia 14 miliardi, ha contestualmente comunicato il funerale della Tav nella nostra Isola. Questo perché saranno costruite linee cosiddette veloci, quindi infrastrutture che non sono quelle della Tav.
Sulla velocità dei treni relativa a tali linee ci sarebbe molto da dire, perché lo stesso Gentile ha dichiarato che da Catania a Palermo il treno impiegherà meno di due ore.
Ora, facendo il conto della serva – secondo cui fra le due città metropolitane la distanza ferroviaria è meno di 180 km – se un treno sfrecciasse a 250 km e non a 350 come la Tav, dovrebbe impiegare all’incirca un’ora, non due. Bisogna sempre analizzare le dichiarazioni, perché spesso vogliono comunicare certe cose che alla verifica materiale non risultano vere.
Gentile ha anche detto che in ogni caso la costruzione della Tav sarebbe stata inutile per la semplice ragione che manca quella infrastruttura essenziale che è il Ponte sullo Stretto.
 
Fino a quando per traghettare i treni occorreranno oltre due ore, che comprendono le manovre di caricamento e scaricamento, qualunque linea veloce perderà le proprie caratteristiche, per cui da Catania a Roma occorrerà sempre un tempo biblico.
Dunque, ritorna dal 1971 la questione del Ponte sullo Stretto, un’infrastruttura essenziale che ha un costo relativamente modesto, per esempio in raffronto al Mose, per cui esiste ancora il rapporto con il General contractor e con esso le cause pendenti di risarcimento del danno per la mancata esecuzione.
Continuare a non prendere in esame la costruzione del Ponte significa anche vanificare centinaia di milioni di spesa sostenuta in questi quasi cinquant’anni per fare una quantità di studi incredibile, che hanno preso persino in esame il disturbo che avrebbe arrecato l’infrastruttura.
Se esso non si costruisce deve esserci dietro qualche potere forte a ostacolarlo, perché per tutti, salvo che per i falsi ambientalisti, risulta evidente la sua estrema utilità.
La canzone è stonata e i menestrelli che la cantano da decenni lo sono pure.
 
In questi ultimi tempi, è stato inaugurato il terzo ponte sul Bosforo di 1,5 km che unisce l’Anatolia con la regione di Marmara. Non un solo ambientalista ha protestato contro questa costruzione: o sono fessi, oppure orbi, o semplicemente persone che hanno buon senso e non si oppongono alla costruzione di infrastrutture che costituiscono il motore della crescita dell’economia.
Il recente ponte marino di 55 km, che ha unito Hong Kong al Macao, è un altro esempio di lungimiranza e buonsenso di chi crede nello sviluppo.
L’ormai vecchio ponte, lungo 16 km che unisce la Danimarca alla Svezia, ha fatto progredire i rapporti fra i due Paesi dell’Ue e di conseguenza le loro economie.
La questione del Ponte si unisce a quella dei rifiuti, che tengono il Meridione e la nostra Isola agli ultimi posti in Europa per qualità della vita, Pil, disoccupazione, fragilità del territorio e presenza di infrastrutture. Il peggio della questione è che non si vede una svolta. Non ci sono statisti lungimiranti, né a livello nazionale né a livello regionale, capaci di assumersi la responsabilità di decisioni impopolari, ma che avrebbero riflessi estremamente positivi nel breve e lungo periodo.
 
Ciò accade perché tutti tendono a vivacchiare, a mantenere posizioni di vantaggio, a restare bullonati alle loro poltrone e alle loro ricche indennità che gli consentono di fare una vita agiata, anche al prezzo di mantenere milioni di cittadini in condizioni di povertà e altri milioni di cittadini (soprattutto nella classe media) in condizioni di sofferenza.
Non è con i pannicelli caldi degli assegni di povertà e di cittadinanza e nell’anticipo del pensionamento che il disagio della popolazione può essere diminuito.
Vedere lontano, anche al di la dell’orizzonte, non è caratteristica comune alle persone, le quali, d’abitudine, vedono fino alla punta del proprio naso, quasi una sorta di cecità che non consente di costruire il futuro per le successive generazioni.
L’egoismo è imperante e non si riesce a debellare, anche per l’ignoranza dilagante.

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