Lega alle stelle, Pentastellati in declino - QdS

Lega alle stelle, Pentastellati in declino

Carlo Alberto Tregua

Lega alle stelle, Pentastellati in declino

sabato 01 Dicembre 2018

Sondaggi e fluidità dell’elettorato

Dal sondaggio di Nando Pagnoncelli, risulta che la Lega è passata dal 17,4% al 36,2% mentre il M5s è passato dal 32,7% al 27,7%. Il Pd dal 18,7% al 16,8%, Forza Italia dal 14 al 7,9%, aumentano gli astenuti e gli indecisi.
Da questo quadro, per quello che valgono i sondaggi, viene confermata la fluidità dell’elettorato, il quale si innamorò di Matteo Renzi nel 2014, quando alle Europee gli dette un consenso inusuale del 40,8%. Poi la luna di miele cominciò a calare e nel referendum del 4 dicembre 2017, il 60% dell’elettorato gli votò contro, di fatto decretandone la fine politica, almeno come leader.
Dopo di che, questo elettorato senza testa e senza cultura ha cercato un altro leader, individuandolo in Matteo Salvini che ha una comunicazione popolana, diretta ed efficace, con termini comuni, di facile accesso anche se il più delle volte impropri.
 
In più, le sue promesse relativamente a immigrazione, ordine pubblico, abbattimento case abusive ed altro, sono di fatto a costo zero per l’Erario, salvo la riforma delle pensioni con l’improvvida anticipazione di cinque anni per chi dovessere richiedere la quiescienza.
Ma, una volta che si sono accorti che questo provvedimento verrebbe a costare 6 miliardi per il 2019 e oltre 12-13 a regime, vi è stata una frenata sotterranea. Si parla delle cosiddette finestre, l’assegno verrà ovviamente ridotto perché non contabilizza contributi per cinque anni (dai 62 ai 67), si è inserito l’ulteriore paletto della non cumulabilità dell’assegno con altre attività, in pratica il divieto di svolgerne ulteriori, ed altre che sono in pentola per dissuadere, di fatto, ad andare in pensione così presto.
Nell’altro versante, Luigi Di Maio è nella peste perché il reddito di cittadinanza, che comporta una spesa per l’intero anno di nove miliardi, di fatto entrerà in vigore forse a metà anno. Ma ancor di più perché non è stato trovato l’iter amministrativo con cui far pervenire tale assegno ai destinatari, cioè ai nullafacenti, poveri o non poveri.Fra questi vi possono essere delinquenti e malavitosi che, appunto, risultano poveri e nullatenenti.
 
L’ascesa del consenso, almeno sulla carta dei sondaggi, nei confronti di Matteo Salvini, probabilmente supererà la soglia del 40%, ripetiamo, come avvenne per l’altro Matteo, ma ciò non risolverà il problema del Paese perché la situazione generale peggiora di giorno in giorno e, soprattutto, vi è il concreto rischio di entrare in recessione nell’anno entrante.
Si attende col fiato sospeso il dato dell’Istat sul quarto trimestre 2018 relativo al Pil. Se esso fosse di zero virgola e non si raggiungesse quindi l’uno percento di crescita, con alta probabilità anche il primo trimestre 2019 registrerebbe una crescita dello zero virgola, con l’inevitabile conseguenza di una crescita di tutto l’anno inferiore all’1%. Così crollerebbe l’obiettivo dell’1,5% che è alla base del disavanzo contenuto al 2,4%.
Scusate i numeri, ma sono indispensabili per tracciare il quadro di riferimento.
 
Il peggio di questa situazione è che crollerebbe la fiducia degli investitori stranieri, di quelli nazionali, dei consumatori e delle imprese. Quando viene meno la fiducia, un Paese si incarta e ci vuole poi molto tempo prima che riprenda la crescita.
La trattativa fra il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il Presidente della Commissioe Ue, Jean-Claude Junker, è fatta di belle parole, affettuose intenzioni, gesti amichevoli, ma la sostanza non cambia.
La procedura di infrazione potrà aprirsi o essere postergata, comunque durerà almeno sei mesi. Non è questo il pericolo per l’Italia, bensì il blocco della crescita economica, l’aumento del numero dei disoccupati e quello del numero dei poveri veri, che da più parti sono stimati essere fra 1,5 e 2 milioni (non sei milioni).
Il quadro generale è magmatico e l’Italia assomiglia alla Torre di Pisa che però in questi 17 anni è stata raddrizzata di ben quattro centimetri. Ma noi non possiamo aspettare 17 anni per raddrizzare l’inclinata Italia.

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