Lavoro di cittadinanza no reddito di cittadinanza - QdS

Lavoro di cittadinanza no reddito di cittadinanza

Carlo Alberto Tregua

Lavoro di cittadinanza no reddito di cittadinanza

martedì 18 Dicembre 2018

Assegno agli ultra 67enni

Non abbiamo la palla di vetro e quindi non siamo in condizione di divinare quello che ci sarà scritto sul maxi-emendamento al ddl della legge di Bilancio 2019, che verrà sottoposto alle due Camere per l’approvazione mediante uno scontato voto di fiducia in entrambi i rami del Parlamento.
Ci auguriamo che le norme che vengono scritte riguardanti il reddito di cittadinanza (Rdc) siano tali da consentire un sistema equo di sostegno ai poveri, ma solo a quelli veri e bisognosi. Intanto, dalle notizie che circolano, sembra che tutte le pensioni minime vengano portate a euro 780 mensili: cosa buona e giusta.
Vorremmo leggere che a tutti gli ultra sessantasettenni, che percepiscono una pensione minima sotto la soglia di povertà, venga dato ugualmente l’assegno di euro 780.
Ma poi basta. A tutti gli altri deve essere consentito di accedere al mondo del lavoro attraverso le imprese o al sistema pubblico, in modo da comprendere che non ci sono soldi facili da elargire, ma solo compensi per le prestazioni.
 
Non Reddito di cittadinanza (tra l’altro si tratta di una bestemmia linguistica perché reddito significa ricchezza e non assistenza), bensì assegno per il lavoro che, solo ai fini comunicativi, si potrebbe anche chiamare, seppure impropriamente, Lavoro di cittadinanza.
Non si tratta di un bisticcio lessicale, ma di una circostanza sostanziale perché deve essere chiaro a tutti i cittadini, anche a quelli sfaticati, che il lavoro è dietro ai rovi, che nulla è gratuito, ma che ognuno deve faticare per ottenere quanto gli serve per vivere.
Si tratta di semplici e basilari concetti che solo i nullafacenti non comprendono o non vogliono comprendere. Ed è proprio qui il vulnus della comunicazione dei pentastellati: aver fatto credere ai cittadini che si potesse vivere a spese della comunità, pur non facendo niente.
Quando Di Maio dice che ci penserà la Guardia di finanza a controllare, mente sapendo di mentire.
Come potrebbe, un organo di Polizia economica-finanziaria, già sovraccaricato per scovare l’enorme evasione, occuparsi anche di scoprire i nullafacenti che prendono indebitamente l’assegno di cittadinanza?
 
Tutte le idee e le promesse dovrebbero avere le gambe per camminare. Invece, sono campate in aria solo per acquisire un consenso che poi si rivela effimero; infatti, se non si mantengono le promesse, come non si possono mantenere, quel consenso sparisce, si liquefà, perché i poveri illusi si rendono conto della realtà e non sono più disposti a tollerare nuove menzogne.
Lo stesso discorso vale da un punto di vista metodologico per la pensione a quota cento, in quanto il sistema previdenziale italiano, a regime, non potrebbe sopportare un peso ulteriore.
Intanto, Bankitalia ha ricalcolato l’obiettivo del Pil 2019, riducendolo dall’1,2 all’1%, cioè un terzo in meno di quanto previsto dal Governo (1,5). L’1% è un dato realistico, ma Palazzo Chigi ha lasciato il disavanzo al 2,04, ridotto dal 2,4 iniziale: un atto furbesco che è servito alla comunicazione del presidente del Consiglio, per ingannare i cittadini ignoranti, che purtroppo in Italia sono in gran numero.
 
C’è bisogno di un Piano infrastrutturale urgente, soprattutto al Sud, che servirebbe per creare alcune centinaia di migliaia di posti di lavoro: così si tolgono dal bisogno i cittadini, non promettendo di vivere nel Bengodi.
Le infrastrutture fanno crescere l’economia perché consentono di moltiplicare per cinque o dieci volte le somme investite, in quanto vengono a beneficiarne anche i settori indiretti, via via fino ad arrivare ai dipendenti che così hanno più risorse da spendere, alimentando i consumi.
Quanto scriviamo è noto a tutti gli economisti. Si tratta perfino di concetti banali, per cui non si capisce come gli esperti, che consigliano il Governo Giallo-Verde, affermino questioni diametralmente opposte.
In questo quadro risulta assordante il silenzio del ministro per gli Affari europei, Paolo Savona, il quale ha adottato una linea prudente e realistica che forse sta consigliando il primo ministro e i due capi-partito a rientrare in una situazione reale, che può rimetterenei binari il nostro Paese, evitando di farlo deragliare.

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