Ambiente, un altro anno da dimenticare - QdS

Ambiente, un altro anno da dimenticare

Rosario Battiato

Ambiente, un altro anno da dimenticare

sabato 22 Dicembre 2018

Nel 2018 la quarta procedura di infrazione per la mancata depurazione, l’eterna emergenza rifiuti, le vittime degli abusi edilizi in zone a rischio idrogeologico e l’acqua sprecata nelle reti colabrodo. Anche la crescita della differenziata è inutile senza gli impianti previsti dall’economia circolare

PALERMO – Il sontuoso abito delle emergenza ambientali siciliane si arricchisce ogni anno di qualcosa di nuovo, senza perdere nulla del tessuto precedente. Accade così che anche il 2018 confermi il suo carico di criticità: dai rifiuti alla depurazione, passando per abusivismo e dissesto, e senza dimenticare la mobilità non sostenibile e le varie crisi idriche.
 
Il filo conduttore della risposta si riassume nel palliativo, l’intervento indispensabile per evitare di cadere nel precipizio, anche se di fatto sul fondo la Sicilia c’è arrivata già da tempo, persino quando pare che le cose stiano cambiando.
 
Cresce la differenziata, anche se resta anni luce distante dalla media nazionale e pesa l’assenza di una filiera del riciclo con l’ulteriore macchia della mancata chiarezza sui termovalorizzatori necessari per chiudere il ciclo, mentre per l’apertura dei cantieri della depurazione è stato necessario l’intervento del commissario unico nazionale, anche se l’Isola resta pienamente coinvolta nelle procedure di infrazione.
 
Non va certo meglio con i numeri minimi delle demolizioni dei manufatti abusivi, che anche quest’anno, in combinazione col dissesto e il maltempo, hanno causato le loro vittime, mentre l’aria di città è sempre più irrespirabile e l’acqua continua a mancare.
I piccoli passi in avanti registrati in alcuni settori, tra cui la messa in campo dei 42 nuovi bus a metano a Catania oppure gli impegni presi sul fronte della messa in sicurezza delle arterie viarie e delle infrastrutture idriche da parte del governo regionale, non possono bastare, perché la Sicilia necessità di una visione e d’interventi d’insieme per uscire da un’emergenza che continua a sembrare senza fine e che pare condurre inevitabilmente verso la cessione delle redini del comando a soggetti esterni all’ambiente isolano.
 
 
 
1. Le discariche restano centrali nell’Isola
Rifiuti, ennesimo anno nero in attesa del piano: anche considerando i dati diffusi dall’Osservatorio regionale e relativi al mese di settembre 2018, che vedrebbero la Sicilia al 35,4% di Rd (da calcolare comunque in media con gli altri mesi che hanno fatto registrare valori più bassi), la Regione potrebbe a stento centrare l’obiettivo stabilito dall’Ue per il 2006 (35%) con ben dodici anni di ritardo. E intanto anche l’impiantistica è ancora quasi all’anno zero, non si hanno ancora notizie dei termovalorizzatori, comunque necessari per la chiusura del ciclo, mentre il Governo siciliano continua ad autorizzare discariche, come a Bellolampo dove aprirà una nuova vasca. Non si fermano gli scandali che già nel 2017 avevano costellato la gestione isolana – diverse le operazioni: la “Gorgoni” che aveva visto la connessione di criminalità organizzata e pubblica amministrazione, la “Ghost Trash” che ha riguardato il traffico illecito di rifiuti e “Piramidi” per la cattiva gestione in relazione ad alcuni impianti – e che anche nel 2018 hanno avuto il loro seguito con l’inchiesta Garbage Affair che ha esplorato il mondo oscuro della gestione dei rifiuti, fatto di scorciatoie e benefit, nel Comune di Catania.
 
2. Sicilia nella melma, nel 2018 cala il poker
Depurazione, un anno in più, una procedura in più: lo scorso 19 luglio la Commissione Ue ha annunciato l’apertura della quarta procedura d’infrazione. La Sicilia è già coinvolta nella sentenza della Corte di Giustizia Ue relativa alla causa C-251/17 Ue per 74 agglomerati (48 soltanto in Sicilia, il 65% del totale) con una multa da 25 milioni, più 30 milioni per ogni semestre di ritardo nella messa a norma. Poi ci sono altre due procedure di infrazione: la 2009_2034 che si trova in sentenza di condanna (causa C-85/13) e riguarda 5 agglomerati isolani, la 2014/2059, allo stato di “parere motivato”, che coinvolge 175 agglomerati siciliani su un totale di 758. Dopo anni di silenzio, nonostante lo stanziamento di un miliardo nel 2012 con la delibera Cipe n.60, adesso qualcosa sembra muoversi grazie all’azione del Commissario unico per la depurazione. La struttura commissariale ha bandito 38 gare per un importo di oltre 120 milioni. Ce ne sono 23 già aggiudicate, ma si prevede l’avvio di tutti gli interventi entro il 2020. A Catania, intanto, continuano i lavori per il collettore fognario che collegherà i comuni al depuratore di Pantano d’Arci mentre, alla fine di novembre, sono stati avviati a Palermo due nuovi cantieri per l’adeguamento del sistema di collettamento, fognatura e depurazione.
 
3. Vittime di abusi edilizi e inerzia delle istituzioni
Abusivismo, consumo di suolo e dissesto, si salvi chi può: non è solo del maltempo la responsabilità delle 12 vittime siciliane degli ultimi mesi. Da considerare, infatti, un territorio fragile su cui si è abbattuta la mano dell’uomo, sempre più pesante e pericolosa. La si intravede nel tasso di abusivismo al 60% (quaranta punti in più della media nazionale) e nelle demolizioni degli immobili abusivi ancora al minimo: dati di Legambiente hanno registrato, tra il 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio, e il 2018, la definizione di 6.637 ordinanze di demolizione in Sicilia, anche se soltanto poco più di un migliaio risultano eseguite (1.089). Nell’Isola si trova il 9,2% del totale delle ordinanze emesse a livello nazionale, ma il dato relativo alle demolizioni è inferiore di tre punti percentuali rispetto a quella italiana (19,6% delle ordinanze eseguite). Andando in dettaglio, ci sono 5.548 ordinanze da eseguire e tra queste ci sono 887 immobili, pari a poco meno del 16% del totale, che hanno visto la formalizzazione dell’acquisizione da parte dei comuni siciliani. Anche la tendenza del consumo di suolo, sebbene gli ultimi dati aggiornati facciano riferimento al 2017, registra superamenti della media nazionale in alcune province come Catania e Ragusa e, in generale, un tasso di avanzamento che colpisce anche le aree a pericolosità idrogeologica.
 
4. Mobilità sostenibile, pochi passi avanti
Mobilità sostenibile, questa sconosciuta: I numeri del 2017, diffusi nell’anno in corso dall’Istat, confermano la bassa disponibilità degli isolani al trasporto collettivo. Ancora marcia indietro per le strade ferrate, visto che l’Isola ha fatto registrare il più basso indice di utilizzazione del trasporto ferroviario tra le regioni italiane, pari ad appena l’1,4%, che è risultato di quattro volte inferiore alla media nazionale che ha toccato quota 5,4. Il dato è un valore percentuale che viene calcolato sulla base di lavoratori, scolari e studenti di tre anni e più che utilizzano il treno abitualmente per recarsi a lavoro, asilo o scuola sul totale. Inoltre, l’Isola risulta la seconda regione d’Italia per peggiore prestazione (solo l’Umbria riesce a superarla) in relazione all’utilizzo di mezzi pubblici di trasporto: li sceglie solo un utente su 10, a fronte di una media nazionale che supera il 20%.
Anche qui qualcosa si muove, come a Catania dove da ieri è attiva, nel quartiere Picanello, una nuova fermata del passante ferroviario che collega Messina con la città etnea. Ma è ancora troppo poco per convincere i cittadini a cambiare abitudini. Basti pensare che, a livello di mobilità regionale, per spostarsi da Palermo a Catania in treno ci vogliono ancora oggi non meno di tre ore.
 
5. Auto vecchie e inquinanti l’aria resta “avvelenata”
Inquinamento atmosferico, l’Ue attende al varco: sul fronte ambientale la Sicilia non vuole farsi mancare nulla. E così spiccano le due procedure di infrazione relative alla qualità dell’aria per la violazione della direttiva 2008/50/CE: la 2014/2147 segnala la Sicilia per superamento dei valori limite di Pm10 in Italia e la 2015/2043 relativamente ai livelli di biossido di azoto. Nel mirino ci sono soprattutto i grandi centri urbani e il traffico veicolare. Una pericolosità confermata anche dall’Arpa Sicilia che nell’annuario regionale delle emissioni ha ribadito come le concentrazioni in aria, per quanto concerne le sorgenti antropiche, dipendono dal “settore del riscaldamento domestico alimentato a biomasse e dal trasporto veicolare in ambiente urbano”.
La Regione, intanto, prova a invogliare i cittadini a comprare auto ecologiche, “obbligando” i distributori di carburante a installare nei loro impianti gli erogatori del metano e le colonnine per le ricariche elettriche. è quanto prevede un decreto dell’assessore all’Attività produttive, presentato giovedì scorso, che pone paletti ancora più rigidi per gli imprenditori di Palermo e Siracusa, dove negli ultimi anni si sono registrati i maggiori sforamenti dei limiti previsti dalla legge per le polveri sottili (Pm10).
 
6. Altri 12 mesi passati a sprecare l’acqua
Emergenza idrica, malattia perenne: l’ultimo caso risale ai giorni scorsi quando un nuovo guasto all’acquedotto di Blufi ha determinato l’allungamento della crisi idrica di Caltanissetta e San Cataldo. Non è un passaggio unico e non stupiscono nemmeno i dati 2017 che certificano quattro famiglie siciliane su dieci segnalare problemi di erogazione. Merito delle perdite di rete che riguardano buona parte dei comuni isolani: appena il 7% degli enti locali che riesce a perdere meno del 10%, una quota intorno al 25% registra perdite incluse tra il 10 e il 30%, poco più del 20% è incluso tra il 30 e il 50% di perdite. Il resto, che comprende circa il 40% del totale, si distribuisce tra un 30% con perdite comprese tra il 50 e il 70% e un 10% addirittura superiore al 70%.
La speranza è arrivata a metà dicembre, quando la Regione, tramite il presidente Nello Musumeci, ha comunicato lo sblocco delle procedure per appaltare i servizi di ingegneria che poi consentiranno di acquisire i progetti esecutivi per ampliare la portata di 17 dighe dell’Isola che sono soggette a limitazione d’invaso. In particolare, si tratta della possibilità di aumentarne circa il 30%. In campo ci saranno circa 115 milioni di euro.

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