Aprite i rubinetti per fermare la plastica - QdS

Aprite i rubinetti per fermare la plastica

Rosario Battiato e Desiree Miranda

Aprite i rubinetti per fermare la plastica

mercoledì 06 Febbraio 2019

Secondo l’Ue le bottiglie sono tra i più comuni prodotti monouso rinvenuti sulle spiagge (il 50% dei rifiuti sulle coste siciliane), eppure l’acqua pubblica è controllata rigidamente. Cambiare abitudine può salvare il mare, ma solo un siciliano su due si fida (contro il 70% nazionale)

PALERMO – L’acqua del sindaco, che sgorga nelle case dei siciliani direttamente dal rubinetto, non convince gli isolani. È controllata, sicura, sostenibile dal punto di vista ambientale e soprattuto economica. Eppure una famiglia isolana su due non si fida (52,3%), facendo registrare un dato record a livello nazionale (29,1%) e secondo soltanto alla Sardegna (54,8%). Merito anche dei comuni e di un servizio idrico pieno di buchi infrastrutturali e di distribuzione che non sempre garantisce un servizio puntuale, avendo fatto registrare in diversi comuni isolani i maggiori disagi in termini di riduzione o sospensione del servizio su tutto il territorio.
 
I COSTI AMBIENTALI DELL’ACQUA IN BOTTIGLIA
Un affare miliardario – denunciano Altreconomia e Legambiente, nel dossier “Acque in bottiglia. Un’anomalia tutta italiana” – che, a fronte di canoni regionali spesso irrisori, ha conseguenze anche sull’ambiente. Un allarme che rientra nella lotta alla plastica lanciata da Bruxelles nell’ottica di una strategia che prevede per le bottiglie delle bevande una raccolta separata e un riciclaggio al 90% entro il 2025.
 
Nel febbraio dello scorso anno, la revisione della direttiva sulle acque potabili aveva appunto previsto la riduzione del 17% dei consumi di acqua in bottiglia, determinando un risparmio per le famiglie europee pari a circa 600 milioni di euro, considerando, inoltre, che “le bottiglie di plastica – si legge nella nota della Commissione Ue – sono uno dei più comuni prodotti in plastica monouso rinvenuti sulle spiagge europee”. Legambiente ha, inoltre, elaborato dei dati che di fatto determinano il peso della plastica: il 90-95% dell’acqua viene imbottigliato in contenitori di plastica e solo il 5-10% in contenitori in vetro, producendo ogni anno l’utilizzo di un numero compreso tra i 7 e gli 8 miliardi di bottiglie di plastica. Il 90% delle plastiche prodotte, sempre secondo l’associazione del Cigno, deriva da materie prime fossili vergini (il 6% del consumo globale di petrolio).
 
LA PLASTICA ALL’ASSALTO DELLE SPIAGGE
La plastica resta pericolosa per il litorale isolano. Nel maggio del 2018, i volontari di Legambiente hanno ispezionato 12 spiagge siciliane, registrando la presenza di 787 rifiuti ogni 100 metri lineari di litorale su una superficie totale di 49.550 metri quadri.
E sempre l’anno scorso un altro monitoraggio, “Stessa spiaggia, stessa plastica” condotto da Greenpeace, ha fotografato lo stato di salute di sette coste italiane. Tra queste anche la spiaggia Arenella di Palermo dove i rifiuti rinvenuti erano soprattutto di plastica, in una percentuale tra il 50 e il 75%.
Anche il mare ne è coinvolto, la scorsa estate il ministro Costa, riferendosi ai pescatori, aveva sottolineato, nell’ottica di un loro coinvolgimento nella pulizia dei mari, che “il 50% del loro pescato è plastica”.
Un materiale che non fa male solo all’ecosistema marino e terrestre, ma che inquina anche l’aria che respiriamo, in quanto libera nell’ambiente, sotto l’azione del sole, metano ed etilene.
 
I COMUNI SICILIANI CHE HANNO DETTO BASTA
Dal primo febbraio scorso è scattato il divieto di utilizzare plastica monouso non biodegradabile nel territorio comunale di Siracusa. L’ordinanza del sindaco, Francesco Italia, firmata all’inizio di gennaio consente sessanta giorni, a partire dal primo di queste mese, come termine concesso ai titolari di attività commerciali e artigianali per l’eliminazione delle scorte di magazzino. Recentemente, tra i Comuni che hanno dichiarato “guerra” ai prodotto inquinanti c’è anche San Vito Lo Capo, in provincia di Trapani, dove la “taglia” sulla plastica usa e getta entrerà in vigore dal primo maggio. Ma ad anticipare tutti fu già, lo scorso settembre, Lampedusa, di fatto la fondatrice del movimento anti-plastica che dal basso continua a collezionare nuovi adepti.
 
MA ANCHE LA REGIONE PROVA A FARSI SENTIRE
La Regione, a dicembre, ha predisposto un piano preciso con la circolare “Linee guida per la riduzione della plastica monouso nelle zone demaniali marittime” che prevede, nelle more dell’iter di approvazione della direttiva comunitaria, di “ridurre progressivamente, fino alla eliminazione totale entro il 31 dicembre 2019, l’utilizzo dei prodotti di plastica monouso nelle aree soggette a concessione, ricadenti all’interno del Demanio marittimo, e nelle aree marine e costiere soggette a tutela”.
 
EPPURE L’ACQUA DEL RUBINETTO È OTTIMA: CE LO DICE L’EUROPA
In un recente comunicato, la Commissione Ue ha spiegato come la maggior parte dei cittadini comunitari “beneficia già di un ottimo accesso ad acqua potabile di alta qualità, soprattutto rispetto ad altre regioni del mondo, grazie in parte alla presenza da oltre 30 anni della legislazione dell’Ue dedicata alla qualità dell’acqua potabile”. In altri termini si tratta di “politiche che garantiscono che le acque destinate al consumo umano possano essere consumate in condizioni di sicurezza, tutelando la salute dei cittadini”. E l’acqua siciliana non fa eccezione, anche se bisogna sempre considerare che l’acqua è controllata, mentre non sempre lo sono le tubature che la conducono fino a casa.
 
MA LE FAMIGLIE PREFERISCONO SPENDERE
L’Istat ha registrato, nel corso del 2017, che “a fronte di una spesa media mensile delle famiglie per l’acquisto di acqua minerale pari a 11,94 euro, la spesa media mensile per la fornitura di acqua connessa all’abitazione risulta di poco superiore, pari a 14,69 euro”. Potenzialmente, pertanto, si potrebbe risparmiare fino a 100 euro all’anno.
 
E I SICILIANI NON SI FIDANO
Secondo l’Istat, la sfiducia nei confronti dell’acqua di rubinetto riguarda 7,4 milioni di famiglie, con numeri record in determinate aree del Paese. A fronte di una media che negli ultimi quindici anni è passata dal 40,1% al 29,1% del 2017, in Sicilia ancora il 53,2% delle famiglie non si fida. Si tratta del secondo dato nazionale, superato in peggio soltanto dalla Sardegna (54,8%). Assai diversi i risultati registrati nel resto del Paese: Umbria (37,3%), Molise (33,8%), Toscana (33,1%) e Campania (32,8%). “La quota più bassa di famiglie che non si fidano a bere l’acqua di rubinetto – si legge – si rileva, invece, nel Nord-est (18,6%); di poco superiore la percentuale del Nord-ovest (24,1%)”.
 
Rosario Battiato
 

 
PARLANO OSVALDO DE GREGORIS E GIUSEPPE RAGONESE
rispettivamente direttori generali di Sidra e Amap,
partecipate che gestiscono il servizio idrico nelle due città
 
“Nei rubinetti di Catania acqua migliore di quella in bottiglia”
 
CATANIA – Nella città dell’elefante "l’acqua è potabile, monitorata e verificata a norma di legge. È risaputo che ha un sistema di controlli analitici enormemente superiore, sia dal punto di vista della tempistica che dell’indagine, alle acque minerali che compriamo". Lo afferma Osvaldo De Gregoris, direttore generale dell’azienda Sidra che distribuisce l’acqua in città secondo il quale non ci sono dubbi, i cittadini possono stare tranquilli e scegliere di abbattere la quantità di plastica prodotta per il consumo dell’acqua semplicemente prelevandola dal rubinetto.
 
Attenzione però allo stato di manutenzione dei serbatoi di accumulo della propria abitazione o condominio perché, se oggetto di continua manutenzione e buona tecnica possono, conservare le caratteristiche dell’acqua altrimenti no. "Seppure molto raramente – spiega De Gregoris – durante il percorso l’acqua, attraverso la conduttura, potrebbe accumulare delle impurità derivanti da sbalzi di pressione che, in gran parte della città, finiscono nei serbatoi di accumulo privati".
 
L’alternativa per i catanesi che volessero bypassare il problema sonole pochissime fontanelle rimaste in città oppure le case dell’acqua. Ce ne sono tre in città e presto dovrebbero essercene altrettante per spingere i cittadini a non comprare acqua in bottiglie di plastica e usare e riutilizzare il vetro.
 
Una spinta green stimolata anche dalla visualizzazione, in ogni distributore, della minore quantità di CO2 e di plastica immessa nell’ambiente. Un’alternativa anche per chi è solito bere acqua frizzante dato che offrono, a pochi centesimi a litro, acqua naturale a temperatura ambiente o refrigerata e acqua frizzante refrigerata. Non solo. L’acqua dei distributori subisce un ulteriore processo di depurazione perché attraverso raggi ultravioletti le viene tolto l’eventuale cloro rimasto e immesso nella condutture perché necessario a disinfettarla, ma che si va disperdendo lungo il percorso.
 
"La nostra acqua è una delle migliori della provincia – afferma ancora De Gregoris -. Buona parte viene da Fiumefreddo e le caratteristiche di quell’acqua sono eccezionali, meglio della Mangiatorella. Andando dall’altra parte dell’Etna invece si trovano elementi dannosi alla salute umana per cui c’è bisogno di un certo trattamento”.
 
“La fornitura dell’acqua – conclude – è un servizio molto importante e noi puntiamo molto all’abbattimento della plastica con il nostro servizio. I catanesi stanno cambiando approccio e usando sempre più le nostre case dell’acqua. Quella in piazza Aldo Moro – conclude – è incredibilmente attiva".
 
 
“Doppio controllo a Palermo Purtroppo la gente diffida”
 
PALERMO – Nel Capoluogo regionale "l’acqua è conforme ai parametri di potabilità stabiliti dalla normativa vigente, il decreto n.31 del 2001. I controlli periodici o anche su richiesta, vengono effettuati sia dal nostro laboratorio certificato che dalla Usl. Usiamo gli stessi paramenti di legge e ogni giorno vengono fatti alcuni prelievi in zone diverse della città, ma in pratica c’è un doppio controllo. Se poi si riscontrano delle non conformità si vanno a fare dei campionamenti congiunti e si capisce che tipo di problema abbiamo, se inquinamento di coliformi o di altro genere". Parla così Giuseppe Ragonese, il direttore generale dell’Amap di Palermo, l’azienda che gestisce e distribuisce l’acqua a Palermo.
Il direttore generale rassicura dunque i propri concittadini sulla potabilità dell’acqua e lo fa in forza anche all’età, relativamente giovane, della rete palermitana che si estende per circa 800 chilometri. "La rete idrica è stata rifatta in tempi relativamente recenti, tra il 94 e il 96, – dichiara – è giovane quindi i fenomeni sono residuali soprattutto rispetto a prima quando le condotte erano in ghisa", spiega.
 
Diverse le fonti di approvvigionamento che poi vengono mischiate e depurate attraverso un sistema di clorazione nei tre potabilizzatori esistenti. "Alcune vengono dagli invasi quindi sono acque superficiali, alcune vengono prelevate dalle prese fluenti in città, altre acque invece derivano dalle sorgive, in particolar modo dalla sorgente di Scillato, dal Gabriele e dal Risalagno", spiega Ragonese.
 
Palermo a differenza di Catania, non ha installato dei distributori in città, le cosiddette case dell’acqua. "Questo però non vuol dire che non puntiamo a un maggiore utilizzo dell’acqua pubblica da parte dei nostri concittadini. – dice Ragonese – A Palermo abbiamo un retaggio di sistema delle fontanelle, alimentate con la stessa acqua che mandiamo nelle case, quindi potabile. Anzi, le fontanelle fungono proprio da punti di controllo per la rete", aggiunge il direttore generale.
 
Non solo. Come accade per Catania, l’acqua delle fontanelle sarebbe ancora più sicura di quella che arriva in casa perché non passa da serbatoi privati e quindi non garantiti dal gestore. L’azienda, infatti, invita i palermitani a installare un rubinetto di prelievo subito dopo il contatore in modo da prelevare l’acqua controllata dall’acquedotto. "Lo abbiamo fatto in alcune scuole in modo che ci sia un prelievo sicuro e si potrebbe fare anche per i condomini. Questo potrebbe contribuire a ridurre fortemente il consumo delle plastiche per il consumo dell’acqua", dice ancora Ragonese.
 
"Purtroppo la gente diffida e preferisce prendere l’acqua dei contenitori in Pvc. Probabilmente però, non si rende conto che quell’acqua ha fatto un viaggio magari sotto il sole quindi non rispecchia più le caratteristiche scritte sulle confezioni. Tra l’altro per chi si preoccupa della puzza o del sapore di cloro, che dobbiamo mettere per forza per la disinfezione delle acque, può star tranquillo in quanto, una volta raccolta in un contenitore, è sufficiente aspettare qualche minuto prima di berla, e l’odore o il sapore considerato sgradevole non ci sarà più ", conclude.
 
Desirée Miranda

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