829 borghi, nessuna strategia d’intervento - QdS

829 borghi, nessuna strategia d’intervento

Elisa Latella

829 borghi, nessuna strategia d’intervento

venerdì 19 Febbraio 2010

Sono 829 i piccoli centri o nuclei storici presenti sul territorio isolano censiti dall’assessorato regionale ai BB.CC.. Necessaria la loro ristrutturazione e valorizzazione per renderli una risorsa primaria per il turismo

PALERMO – Le città racchiudono l’identità delle comunità che ci vivono. Conservano la loro storia, la raccontano attraverso la disposizione urbanistica degli edifici, attraverso l’architettura dei palazzi, attraverso la toponomastica delle vie e delle piazze.
A volte questa storia diventa invece cronaca, diventa un articolo di giornale di quelli che non si vorrebbero mai leggere. Sono rimaste uccise due bambine a causa del crollo di una palazzina nel centro storico di Favara, poche settimane fa. Il tragico episodio ha riportato agli onori della cronaca la questione estremamente sottovalutata della sopravvivenza dei centri storici. Infatti si fa strada il rischio di una campagna di demolizioni che annienterebbe intere città antiche, in primo luogo proprio Favara ad Agrigento.
Risale a due anni fa la dettagliata inchiesta del Quotidiano di Sicilia sugli 829 borghi dimenticati della regione, un numero pari al triplo, al quadruplo dei centri storici presenti in altre regioni del centro Italia, tra cui Marche e Abruzzo, regioni che però hanno fatto del loro passato una risorsa per il futuro e da tempo sono riuscite a destagionalizzare il turismo valorizzando paesini sconosciuti, incantati, in cui il tempo si è fermato.
Una strada che la Sicilia deve ancora percorrere, e che sembra piuttosto lunga, considerando che occorre riscattare un ritardo di decenni. Si è parlato di questo nel corso del congresso nazionale intitolato “Centri storici e città contemporanea. Politiche pubbliche e strategie di intervento” che  si è svolto venerdì 5 e sabato 6 febbraio allo Steri di Palermo. Numerosi i promotori dell’iniziativa, che è stata frutto della sinergia del Circes (Centro interdipartimentale di ricerca sui centri storici), del dottorato di ricerca in Pianificazione urbana e territoriale, dell’Associazione nazionale centri storici-artistici (Ancsa) e dell’ Istituto nazionale di urbanistica (Inu): non sono mancati il patrocinio dell’Ordine degli ingegneri e dell’Ordine degli architetti, della provincia di Palermo e di Confindustria Sicilia.
“La domanda di fondo – secondo l’affermazione di Teresa Cannarozzo, direttore del Circes  riportata nella nota stampa dell’Università di Palermo– è se i centri storici delle grandi città possano sfuggire a un destino settoriale, basato soltanto sull’eccellenza del patrimonio, sul turismo e sulle attività culturali o possano continuare a svolgere il ruolo di strutture urbane vitali, dotate di un mix di attività ordinarie e di funzioni, prima fra tutte, quella residenziale”.
Tra le esperienze presentate al convegno gli interventi di recupero e riqualificazione urbana nelle città di Saint Denis (Francia, Premio Gubbio Europeo 2009), Venezia, Bergamo, Parma, Genova, con riferimento a casi di riutilizzazione esemplare del patrimonio edilizio storico e alla riqualificazione degli spazi aperti. Grande spazio è stato dato alla presentazione del “caso Palermo”. Il capoluogo siciliano è stato osservato attraverso una lente di ingrandimento fatta di  letture, interpretazioni, bilanci e proposte relative al processo di recupero del centro storico. Secondo quanto si legge nella nota dell’ateneo “più voci si sono alternate per una ricognizione sul processo di recupero avviato, illustrando i risultati conseguiti, le criticità, le ulteriori opportunità e gli strumenti necessari”.
 


Il caso Palermo. Non ci può essere conservazione senza innovazione
 
L’incontro allo Steri di Palermo, occasione per un confronto finalizzato a individuare le politiche pubbliche più idonee e le migliori strategie operative per il recupero delle città storiche, ha focalizzato l’attenzione sui concetti di identità urbana, permanenza, mutamento, innovazione. Protagonista il processo di recupero del centro storico di Palermo, felicemente avviato nel 1993 con l’approvazione del Piano particolareggiato esecutivo di Benevolo e Cervellati, ma non ancora concluso. Secondo il Circes e gli altri enti organizzatori “I centri storici del mezzogiorno, tra cui Palermo, hanno ancora bisogno di politiche e di interventi progettuali di conservazione/innovazione finalizzati a immetterli in un nuovo ciclo vitale, compatibile con la storia e i valori dell’insediamento, ridisegnandone il ruolo all’interno della città contemporanea e del sistema territoriale.” E ancora “Non ci può essere conservazione senza innovazione, ma l’innovazione dovrebbe riguardare i modi di abitare e le tipologie di servizi all’interno della città storica da offrire a una società in mutamento” . Una società fatta di famiglie tradizionali,  ma anche di singles, anziani, studenti, immigrati, per i quali vanno “pensati” gli spazi pubblici quali spazi di relazione, “bene comune” in cui tutti possano praticare il “diritto alla città”.

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