Dal coacervo delle norme descritte si deduce facilmente che: a) il rapporto tra Stato e Regione è regolato dell’Alta Corte e non dalla Corte costituzionale; b) che sono soggette a valutazioni di incostituzionalità sia le leggi della Regione che quelle approvate dal Parlamento nazionale; c) che la composizione dell’Alta Corte, con pari membri di Stato e Regione, assicura una maggiore obiettività di quella eventualmente messa in campo dalla Corte costituzionale.
Al momento del varo della legge costituzionale n. 2/48, sia la Regione che l’Ars esistevano già perché regolate dallo Statuto del ‘46 con elezioni tenute nel ‘47. È facile dedurre come la prima legislatura siciliana sia precedente di un anno rispetto alla prima legislatura italiana. “La Repubblica quindi riconosceva e non istituiva la sovranità della Regione, come avrebbe fatto con le altre 19, confermandone l’originaria sovranità”.
Ricordiamo che lo Statuto ha natura pattizia e non è quindi modificabile senza il consenso di entrambe le assemblee legislative. La legge che ha riformato lo Statuto nel 2001, che prevede il solo parere dell’Assemblea, è per conseguenza incostituzionale. In quanto, ribadiamo, che il Parlamento della Repubblica ha pari dignità dell’Assemblea regionale, che potrebbe assumere la denominazione di Parlamento di Sicilia.
È scandaloso che in questi 53 anni (1957-2010) nessuna iniziativa sia stata presa da governi e Assemblea siciliani per rimettere a posto una stortura che ha enormemente danneggiato la Sicilia. Il fatto si spiega con la posizione prona, mentale e fisica, di una classe politica che per favorire i propri interessi ha messo sotto i piedi quelli dei siciliani.
Cosa avrebbero dovuto fare le due istituzioni siciliane? Cosa dovrebbero fare oggi per ripristinare la legalità, ridando le funzioni all’Alta Corte? Intanto va precisato che quest’ultima non è stata (né poteva essere) mai abrogata. Rimane sepolta e inutile, a fare la muffa mentre la Corte costituzionale dispone di un potere sulla Regione siciliana che non ha.
L’Assemblea siciliana, d’accordo con il governo, potrebbe subito nominare i tre giudici ordinari e uno supplente di propria competenza e chiedere al Parlamento nazionale di nominare quelli di sua competenza. Ovviamente le istituzioni siciliane non hanno il potere di imporre la risposta all’istanza di cui prima. Tuttavia un pool di costituzionalisti potrebbe attivare procedure sia davanti alla stessa Corte costituzionale, che con atto di resipiscenza annullasse la citata sentenza del ‘57, che dinanzi alla Corte di giustizia europea, per vedere riconoscere un patto firmato e mai annullato fra due popoli (quello siciliano e quello italiano).
Vi potrebbero essere altri mezzi di pressione: per esempio che tutti i deputati e senatori siciliani prendessero l’iniziativa in Parlamento con un ordine del giorno per la nomina di giudici di competenza. Non mancano gli strumenti sol che il ceto politico siciliano capisca che la propria Autonomia passa attraverso il rispetto integrale dello Statuto.