Trasferire i precari alle attività produttive - QdS

Trasferire i precari alle attività produttive

Carlo Alberto Tregua

Trasferire i precari alle attività produttive

martedì 29 Giugno 2010

Fare investimenti per innestare lo sviluppo

Il Governo regionale è in trappola perché da un canto riceve la forte pressione di 70 mila precari che vogliono essere sistemati ad ogni costo e dall’altro ha due guardiani insormontabili: il commissario dello Stato che impugna ogni norma di spesa, approvata dall’Ars, e il ministro dell’Economia che non cede di un millimetro sul patto di stabilità.
Nel bilancio 2010 sono registrate le seguenti somme che costituiscono una deviazione rispetto ai servizi che la Regione deve fornire ai cittadini: 314 mln per i 22.500 precari dei Comuni, 242 mln per la Formazione oltre a 100 mln prelevati dal Fondo sociale europeo, 7 mln per i 1.800 dipendenti degli sportelli multifunzionali, 85 mln per i 28 mila forestali, 67 mln per i dipendenti della Resais spa e 26,6 milioni per gli Lsu. A questi si devono aggiungere 6.000 Asu con una spesa prevista di circa 100 milioni e 6.000 precari della Regione con una spesa prevista di oltre 200 milioni. Certamente abbiamo dimenticato qualche altra categoria. Il tutto per lo spaventoso ammontare di oltre 1 miliardo e cento milioni di euro.

Che si faccia beneficenza o come si chiamano oggi “ammortizzatori sociali” è una decisione politica, ma che si gabellino queste spese come necessarie ai servizi da rendere ai cittadini è un inganno che volentieri smascheriamo.
C’è da aggiungere un secondo argomento: se il Governo ritenga equo favorire e pagare indennità ai circa 75 mila precari sopra elencati e lasciare nella disperazione gli oltre 100 mila disoccupati della Sicilia, che non sono stati miracolati e sono rimasti fuori dalle pubbliche amministrazioni. Come si può governare in nome dell’equità trattando in modo così diverso i cittadini, tra fortunati e   sfortunati? Ovvero nella categoria di quelli che gravitano intorno alle segreterie politiche escludendo l’altra categoria di cittadini che non sono stati raccomandati.
Abbiamo più volte rimarcato questa situazione, ma non abbiamo ancora ricevuto una risposta chiara e inequivocabile. Comprendiamo le difficoltà di questo ceto politico che raccoglie l’eredità di malgoverno e clientelismo, ma non è più possibile solcare la strada dell’iniquità.

 
Come è nostro costume, non ci limitiamo a rilevare una situazione disdicevole, ma offriamo la soluzione. Si tratta di trasferire gradualmente,  mediante un piano quinquennale, tutti questi precari verso attività produttive, consentendo nello stesso tempo a tutti gli altri siciliani di competere ad armi pari per utilizzare le opportunità che il mercato presenta.
John Maynard Keynes (1883 – 1946), il grande economista britannico, indicava la strada dello sviluppo di una Comunità, con la costruzione di infrastrutture e l’attivazione di iniziative produttive di ricchezza. Ciò anche indebitandosi. La Regione siciliana in questi anni si è indebitata per finanziare la spesa corrente, gli sprechi, il parassitismo, ma nulla ha fatto verso infrastrutture e attività produttive. Basta andare in giro per i 25 mila kmq della regione e vedere lo stato di abbandono idrogeologico del territorio, gli 829 borghi abbandonati, l’assenza dell’anello autostradale, della Nord-Sud, della Agrigento-Palermo, della Ragusa-Catania, della permanenza di una ferrovia da primi del ‘900.

È venuto il momento di invertire la marcia. È noto agli economisti che per ogni miliardo investito, si creano 8/10 mila posti di lavoro. La Regione, nel settennio 2007/13, ha a disposizione 18 miliardi fra risorse europee, statali e proprie, ma ad esse si possono aggiungere altri 2,1 miliardi di risparmi annui come pubblichiamo nella tabella in prima pagina. Nel complesso, vi sono a disposizione già dal 2007 al 2010 circa 12 miliardi con cui si potrebbero mettere in moto oltre 100 mila posti di lavoro. Non solo, ma gli investimenti farebbero da volano ad altri investimenti, per cui è stimabile che in un triennio o in un quinquennio il cantiere Sicilia potrebbe creare ulteriori 100 mila posti di lavoro.
Qui si tratta di mettere in moto questo progetto, difficile ma realizzabile, su cui far confluire le migliori risorse professionali che vi sono a disposizione. Un ceto politico che impiantasse il grande progetto prima descritto sarebbe abilitato alle prossime elezioni del 2013 a chiedere il consenso che arriverebbe puntuale.
Provare per credere.

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