Ricerche petrolifere in mare, la Regione si mette di traverso - QdS

Ricerche petrolifere in mare, la Regione si mette di traverso

Rosario Battiato

Ricerche petrolifere in mare, la Regione si mette di traverso

giovedì 29 Luglio 2010

Tornano a fare dibattito le paventate trivellazioni nel Canale di Sicilia e il rischio di inquinamento. Di Mauro: “Netta contrarietà al rilascio di permessi già presentati al ministero”

PALERMO – Questa volta la Regione non ci sta. Sono un moto di severo orgoglio le dichiarazioni dell’assessore regionale al Territorio e Ambiente, Roberto Di Mauro, che ha imposto lo stop alle nuove trivellazioni nel Canale di Sicilia. “In una regione come la nostra – ha dichiarato Di Mauro – per la quale il mare rappresenta una delle attrattive turistiche  fondamentali, è ragionevole considerare che l’installazione di numerose piattaforme off-shore, con il conseguente impatto paesaggistico sull’orizzonte marino e le potenziali ricadute in termini di inquinamento da fuoriuscite di gas metano, porterebbero benefici praticamente nulli per la collettività e per il comparto dell’industria, della pesca e del terziario turistico avanzato, mentre altissimi potrebbero risultare i potenziali costi relativi alla sostenibilità economica. Costi per infrastrutture private con risorse regionali ed europee”.
L’assessore Di Mauro può contare su una delibera della giunta in cui si esplicita “una chiara e netta contrarietà al rilascio di permessi di ricerca nel territorio della Regione siciliana ai sensi della legge del 21 luglio 1967, n. 613, già presentati al ministero dello Sviluppo economico e di eventuali altre richieste future”. Un risultato ottenuto dopo numerose pressioni partite da Palermo in direzione Roma anche in virtù dell’appoggio di Vera Greco, architetto e componente della commissione nazionale per Valutazione dell’impatto ambientale per conto della Regione siciliana.
Proprio le parole della rappresentante siciliana dimostrano che qualcosa sta cambiando. “È la prima volta che ci convocano a Roma per discutere di trivellazioni – ha spigato la Greco – Da diverso tempo chiediamo di essere ascoltati con insistenti lettere del presidente Lombardo e dell’assessore Di Mauro. Non ci sono giacimenti tali che giustificano investimenti e rischi. Nei prossimi giorni mi incontrerò con i tecnici della Regione siciliana per studiare nuove iniziative da intraprendere”.
Il punto della questione appare chiaro: i giacimenti a mare, come più volte denunciato da questo giornale, comportano rischi per l’ambiente a fronte di vantaggi economici risibili per l’Isola. Sulla questione è infatti lapidaria la dichiarazione di Vera Greco.
 
“Non può pagare la Sicilia per allineare l’Italia all’Europa.  Non ci sono giacimenti tali da giustificare investimenti e rischi. Nei prossimi giorni mi incontrerò con i tecnici della Regione siciliana per studiare nuove iniziative da intraprendere”. Ma i pericoli sono comunque dietro l’angolo. Il disastro del golfo del Messico non proteggerà più di tanto i mari dal rischio di altri incidenti. La Bp (British Petroleum) secondo quanto anticipato dal Financial Times starebbe tornando alla carica con altre perforazioni nel golfo della Sirte in acque libiche – per l’operazione pare che Tripoli abbia incassato 900 milioni di dollari – e a 500 chilometri dalle coste siciliane. Adesso i protagonisti di una delle peggiori tragedie ambientali della storia saranno ad un tiro di schioppo dal mare isolano, in quanto, come ha precisato Antonio D’Alì, presidente commissione Ambiente del Senato, un incidente in quel tratto coinvolgerebbe l’intero mare nostrum.

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