Class-action: un nuovo strumento per la tutela dei consumatori - QdS

Class-action: un nuovo strumento per la tutela dei consumatori

Elisa Latella

Class-action: un nuovo strumento per la tutela dei consumatori

giovedì 18 Novembre 2010

In Italia negli anno ‘80 i cittadini erano tutelati in materia di consumo solo attraverso pochi articoli del Codice civile. Ma ad oggi ci sono ancora luci e ombre sull’azione di classe collettiva che non riesce a decollare

Sulla class-action, ammissibile contro le imprese private in Italia a partire dall’1 gennaio 2010 con la modifica dell’art.140 bis del Codice del Consumo (decreto legislativo del 6 settembre 2005 n° 206), si è detto già tanto, si è detto tutto e il contrario di tutto. Si è detto che è un traguardo da una parte, mentre  che è una vittoria di Pirro dall’altra. Si è detto che sulla carta si raggiunge quella tutela prevista già da anni in America, riservata ai consumatori in tutte quelle situazioni nelle quali si controverte per importi di valore contenuto e per cui generalmente si preferisce rinunciare alla difesa dei propri diritti, mentre nei fatti sono evidenti i limiti dell’attuale normativa italiana.
In Italia  negli anni ‘80 il diritto dei consumatori si limitava a pochi articoli del datato Codice civile del 1942. Negli anni Novanta i primi cambiamenti: aggiunte, modifiche, leggi speciali in settori specifici. Nel 2005 il Codice del consumo che generalizza la tutela di questa miriade di persone. L’1 gennaio 2010 (forse sul successo del film americano Erin Brockovich?) in Italia entra in vigore la class action contro le imprese private.
L’azione collettiva può essere proposta con atto di citazione al tribunale competente dal singolo cittadino, da un comitato o da un’associazione. Se più soggetti si aggregano e presentano gli stessi illeciti e gli stessi fatti, le procedure vengono riunite. Ma c’è di più: il giudice ha facoltà di fissare l’importo minimo dei risarcimenti, valido non solo per chi ha presentato il ricorso con la class action, ma per quanti agiscono in giudizio successivamente alle sentenze dell’azione collettiva, ottenendo dal giudice l’assimilazione della causa individuale all’azione collettiva.
La legge esclude il danno punitivo, limitando il risarcimento al solo riconoscimento dei danni subiti, senza prevedere una penalità, anche devoluta allo Stato, per la violazione delle norme e i casi di recidiva. Tuttavia, il risarcimento del danno ammesso è inteso in senso lato, non limitato al solo danno materiale, ma anche morale, esistenziale o di immagine.
Molti tuttavia i punti oscuri di una norma di dubbia costituzionalità: non sono appellabili le sentenze di primo grado favorevoli alle imprese, che escludono la responsabilità civile delle aziende e respingono le richieste di risarcimento. Si prevede addirittura che le società di accordarsi, promuovere e perdere una class action preventiva, in modo da precludere ai consumatori la libertà di azione in giudizio. In Italia inoltre i giudizi non finiscono con le sentenze emesse in tre gradi (due di merito, primo e appello, ed uno di legittimità, quello della Cassazione), ma continuano perché per far eseguire una sentenza spesso occorre affrontare il processo di esecuzione. Insomma la strada resta lunga e faticosa.
 

 
Si pensa ad una class-action contro la Pa. Il presidente dell’Antitrust contro i ritardi nei pagamenti
 
Uno dei limiti peggiori di questa legge è che prescinde dalla realtà italiana. Prevede che il cittadino possa tutelarsi dalle multinazionali, ma non prevede che possa difendersi dalle pubbliche amministrazioni, che, a differenza della realtà americana, in Italia incidono molto di più sulla sua vita privata, a causa del mito del posto ( e non del lavoro pubblico) che ha creato due generazioni fa una macchina amministrativa completamente inefficiente.
Una class action contro le pubbliche amministrazioni in ritardo con i pagamenti attivata dall’Antitrust è stata recentemente chiesta dallo stesso presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà. Una norma che sanziona con alti interessi i ritardi dei pagamenti delle Pubbliche amministrazioni esiste già . Catricalà chiede però la possibilità di attivare la class action nei confronti di chi non paga “con la rimozione del dirigente che ritarda i pagamenti”. Se un’azienda va in banca vantando un credito nei confronti di una pubblica amministrazione, l’istituto di credito pensa che nel migliore dei casi lo riscuoterà con un ritardo enorme. Con tutte le conseguenze che ne derivano nella valutazione della sua solidità economica.

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