Quando denunciare l’illegalità ripaga - QdS

Quando denunciare l’illegalità ripaga

Maria Francesca Fisichella

Quando denunciare l’illegalità ripaga

venerdì 19 Novembre 2010

La lotta al racket: “Una strada ancora in salita” secondo Vincenzo Conticello. Ma dal 2005 il silenzio è rotto. La tradizione gastronomica dell’Antica Focacceria S.Francesco confermata anche da Slow Food

PALERMO – L’Antica Focacceria S.Francesco di Palermo, un’istituzione gastronomica per la città e apripista di una rivoluzione, ossia la denuncia di illecite richieste di pizzo, molto ha da dire sul tema “criticità dell’Isola”.
A raccontarlo sono Fabio e Vincenzo Conticello, i proprietari della Focacceria, la cui tradizione inizia nel 1834, e che ha visto tra i suoi ospiti Garibaldi, Crispi, Pirandello… e tra “i più recenti” Hilary Clinton, gli attuali reali di Belgio e di Spagna, Dario Fo, Renzo Arbore, Richard Gere, Wim Wenders, il presidente Napolitano, Fini, Veltroni e Vendola. E, non ultimi, gli indimenticati Falcone e Borsellino.
Cosa ha significato per questa famiglia tale percorso, e se – in tutto questo – ha trovato il sostegno di istituzioni e società civile, lo ha riferito il fratello Vincenzo Conticello: “Le nostre vicende contro “cosa nostra” cominciarono nel novembre 2005 e, sebbene note dal marzo 2006, solo quella parte di Stato fatta da magistrati e Carabinieri mi fu e ci fu vicina per un intero periodo lungo 15 mesi. Solo dopo l’udienza del 18 settembre 2007, in cui testimoniai e riconobbi i miei estorsori, e la notizia per la sua unicità (ero, a mia insaputa, il primo imprenditore palermitano che denunciava dopo la morte di Libero Grassi e l’unico a presentarsi in un tribunale a confermare le accuse apertamente) fu subito diffusa da tutti i media nazionali e internazionali, cominciai a ricevere il sostegno di altre parti dello Stato e da una parte della società civile.
 
Sicuramente per molte associazioni di imprenditori e antimafia ero diventato un simbolo su cui finalmente costruire qualcosa di concreto per cavalcare le meraviglie della legalità. Molti palermitani, a dire il vero, ci abbandonarono , non frequentando più i nostri locali ,un pò per paura di attentati e altri per convenienza, al fine di non perdere favori e molto di più dai loro “Amici mafiosi”, che avrebbero sicuramente non gradito una vicinanza di idee con me. Certo in un momento così difficile, dove la mia vita è cambiata radicalmente entrando in un programma di protezione, con un’enormità di pericoli di fronte a cui mi sono trovato e mi trovo ogni giorno, è stato molto importante trovare tanti direttori didattici, presidi e docenti palermitani e non sensibili a questi temi, i quali hanno preso spunto dal mio gesto di cittadino per stimolare sui giovani un grande senso di libertà attraverso la legalità e il rispetto delle regole.
 
Quindi, il sostegno di associazioni come “Libera” e “Addio Pizzo” che hanno saputo motivare e diffondere il consumo critico, hanno sicuramente contribuito a non farmi sentire solo e a sostenere la mia piccola battaglia contro la mafia del racket” . Ma Vincenzo aggiunge che “La strada da percorrere è purtroppo ancora in salita. Dopo la mia denuncia altri 80 imprenditori hanno denunciato. Questo è un bel successo rispetto allo zero assoluto del periodo precedente, ma i commercianti e gli industriali di Palermo e provincia sono oltre 90.000…”
 

 
Le origini della mafia. Nasce dopo l’Unità d’Italia e viene esportata negli Usa
 
Da siciliana mi sono chiesta quali siano le origini della mafia, da ricerche che ho condotto, molti storici fanno partire la nascita della mafia dall’Unità d’Italia. Essa apportò dei cambiamenti nel tessuto economico-sociale, tanto che i grossi latifondisti, che avevano detenuto interamente il potere fino a quel tempo, cominciarono ad aver bisogno sempre più di qualcuno che garantisse loro un controllo effettivo delle proprietà, sia per difendersi dal brigantaggio, sia per resistere alle nascenti pretese delle classi contadine per una più equa distribuzione del prodotto del loro lavoro. Questo ruolo venne assunto da alcuni personaggi che presero il nome di “campieri” (perché controllavano i campi) o “gabelloti”, in quanto riscuotevano, per conto del padrone, le “gabelle”. Quindi, fin dal principio, la mafia si delinea come un’organizzazione che assume dei ruoli pubblici per eccellenza, che altrove sono di competenza dello Stato. Da quel momento in poi il fenomeno dilaga non solo nelle campagne, ma anche nelle città.
Agli inizi del ‘900 a causa della grave crisi agricola, un’ imponente massa di contadini siciliani emigrò nel “Nuovo Mondo”, la mafia fu trapiantata negli Stati Uniti e si chiamò “Cosa Nostra”. Questa organizzazione criminale fu fortemente repressa durante il periodo fascista, ma riprese vigore dopo la seconda guerra mondiale. Il periodo post-bellico offrì alla mafia l’opportunità di rinforzarsi e di estendere i suoi interessi fino ad occuparsi dello spaccio di droga e del racket del commercio, nel mercato generale, nell’industria e nell’edilizia. La “piovra” ha assunto dimensioni gigantesche con un forte potere economico. Grazie al lavoro della magistratura e Forze di Polizia il fenomeno ha subito una battuta d’arresto grazie all’arresto dei boss di spicco, ma c’è tanto lavoro da fare. (ag)

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