La voce della Sicilia assente dai media per l’incapacità della classe dirigente - QdS

La voce della Sicilia assente dai media per l’incapacità della classe dirigente

Lucia Russo

La voce della Sicilia assente dai media per l’incapacità della classe dirigente

sabato 20 Novembre 2010

Mentre la Lega è riuscita a ritagliare uno spazio per gli interessi del Nord in trasmissioni televisive e giornali. Salemi: “Per fare informazione ci vuole l’esercito”. Merlo: “Un giornale a Roma che parli di Sud”

La Sicilia assente dalle platee televisive con propri rappresentanti che portino avanti gli interessi della nostra regione mentre i leghisti riescono a farlo bene. Abbiamo cercato di trovarne le ragioni con il contributo di giornalisti di origini siciliane che hanno fatto carriera.
Roselina Salemi, nata ad Ancona ma da genitori siciliani, corrispondente dalla Sicilia di Repubblica negli anni 80, oggi da free lance collabora con La Stampa e gli inserti culturali del Sole 24 Ore, trova una spiegazione politica: “La Lega è riuscita a ritagliarsi uno spazio che è suo e che dà diritto a questa componente politica a una certa visibilità. A ciò si aggiunge da parte di Umberto Bossi una grande capacità di marketing. La Sicilia ha consegnato la quasi totalità del suo consenso al partito di maggioranza: il cosiddetto cappotto. Una scelta assolutamente legittima per carità, ma entrare dentro un sistema non significa rivendicare uno spazio per sé sia in visibilità sia per cose da ottenere”. Roselina Salemi, che si è laureata in Filosofia a Catania, sottolinea anche uno dei principali nostri difetti: “La Sicilia ha delle società chiuse che regolano i conti all’interno di se stesse. Per fare l’informazione, per fare il gruppo di pressione, non basta l’avanguardia, ci vuole l’esercito dietro”.
I soldi europei che non si riesce a spendere oppure frodati, le risorse sperperate per cui poi si subisce il freno da Tremonti. Su questo Francesco Merlo, editorialista di Repubblica, catanese di origine, con 20 anni al Corriere della Sera e 13 anni di lavoro a Parigi prima con il Corriere e poi Repubblica, individua chiare responsabilità nella classe dirigente: “Chi ha pregiudizio verso la Sicilia trova alimento in questo chiedere denaro e poi buttarlo via, una politica dissennata della classe dirigente regionale che imbarazza i meridionali”. “Una classe dirigente – continua Merlo – è fatta di atmosfere, di libri letti, di musica, di formazione, di università. La classe dirigente siciliana è una classe dirigente terribile, fatta in genere di medici. Questa la dice lunga perchè quando perdi tutto l’unico rifugio è la medicina, per cui le corsie degli ospedali sono diventate le nuove sezioni di partito, i posti dove si organizza il consenso”. Per fare sentire la voce della Sicilia, Merlo suggerisce di guardare all’esempio della Padania, la testata della Lega: “Fare un giornale che da Roma parli del Sud”.
Aldo Forbice, catanese, conduttore di Zapping su Radio uno Rai osserva: “La nostra difficoltà strutturale di comunicare la Sicilia per quello che è, con tutte le contraddizioni, le luci e ombre, si accompagna adesso con la situazione di vacanza politica. Regioni, non solo come la Lombardia ma anche il Piemonte, l’Emilia Romagna, hanno una situazione chiara: ci sono i partiti all’opposizione e una coalizione al Governo. In Sicilia non è così, è tutto molto più confuso”. “Eppure – continua Forbice – alla Sicilia non mancano gli strumenti per far sentire la propria voce con giornalisti all’Ufficio stampa della Regione ben pagati come caporedattori. Ricordiamo poi che Lombardo ha un gruppo di parlamentari a Roma quindi ha anche una rappresentanza diretta nella capitale”.
Abbiamo, dunque, sentito il nuovo capo ufficio stampa della Regione siciliana, giornalista professionista dal 98. Messina osserva: “Non possiamo veramente utilizzare il metodo del bilancino per considerare l’informazione strumentalizzata. Le notizie di Confindustria contro la mafia o di associazioni come Addio pizzo vanno su tutte le trasmissioni nazionali a dimostrare che la Sicilia sta cambiando. Da non trascurare il popolo delle Agende rosse legato a Paolo Borsellino: dal sacrificio dei nostri eroi possono nascere i fiori di una riscossa”.
Salvatore Spoto, nato a Catania, giornalista professionista dal 1974, redattore per 30 anni al Messaggero, adesso in pensione, cura rubriche televisive e scrive articoli di turismo culturale ricorda come, da responsabile della pagina Turismo, quando arrivavano le ferie, nella scelta dei reportage faceva rientrare la Sicilia “come il pipi spezzi”. “E siccome non potevo dedicare tanto spazio nel contesto di un servizio di 120 righe – racconta Spoto – cercavo di concentrare il tutto in quello che era più succoso: gastronomia (ricordo il mauro di Catania presentato come erba magica); posti paradisiaci come Marzamemi, la scogliera dei Ciclopi, Vendicari insieme ad aspetti profondamente culturali. Ricevevo subito valanghe di lettere di chi mi chiedeva notizie e questo dimostra la scarsa pubblicità che fa la Sicilia sui luoghi più belli”. Ma lo stesso Pietro Calabresi, siciliano, direttore del Messaggero mi diceva: “Sì, il posto è bello lo conosco anch’io, ma la gente dove va? Occorrono le infrastrutture”.
Il coro è unanime: fatti positivi che portino alla ribalta la Sicilia, l’unico modo per avere più spazio nell’informazione.

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