Uffici inadeguati, sprecano le risorse - QdS

Uffici inadeguati, sprecano le risorse

Gian Andrea Costa

Uffici inadeguati, sprecano le risorse

mercoledì 15 Dicembre 2010

Forum con Vincenzo Oliveri, presidente della Corte d’Appello di Palermo

La crisi economica, i tagli in tutti i settori, non hanno risparmiato la Giustizia. Un apparato delicatissimo dello Stato che già da anni subisce drammatiche carenze di organico e di mezzi. Carenze che possono causare lungaggini e inefficienze.  Presidente Oliveri, qual è la situazione nell’ufficio da lei diretto, la Corte d’Appello di Palermo?
“Tutti coloro che operano, con incarichi direttivi, in questo campo si sono trasformati in veri e propri manager. Si fa ricorso a una forma mentis quasi imprenditoriale per organizzare non solo il lavoro dei colleghi ma per reperire lo stesso denaro che ci occorre. Le risorse finanziarie sono finite e quindi bisogna rivolgersi alle banche. Oggi assistiamo a una tendenza alla contrazione, perchè la quantità di cause è tale che non si riesce più a bilanciare tra entrate ed uscite: lo sbilancio è arrivato al 20%. L’eccesso di litigiosità è dettato da molti fattori. Oggi si decide di ricorrere al giudice per un nonnulla. C’è un eccesso di presenza di avvocati di contro a strutture deficitarie ed è sempre più complicato far funzionare le numerose sezioni civili e penali con i pochi uomini a disposizione. La nostra organizzazione ha un documento di base costituito da un progetto tabellare che stabilisce come va organizzata la Corte, come questa vada suddivisa in varie sezioni e quali siano i compiti e le relative produzioni che spettano a ognuna di queste ultime. Utilizziamo questo strumento per monitorare i risultati che anno dopo anno sono stati raggiunti”.
Sulla Corte dunque gravano un eccesso di apparato e una scarsità di servizi come accade ad esempio negli enti del Comune di Palermo?
“Noi abbiamo delle piante organiche che risalgono al ‘41 e che quindi oggi risultatano estremamente inadeguate. Abbiamo degli uffici con un carico di soli 30 casi all’anno: un esempio di spreco di risorse umane e strutture nonchè di denaro pubblico. Il primo atto che ho presentato al ministero della Giustizia una volta arrivato a Palermo è stato proprio quello di chiedere una sequela di aggiustamenti ‘geografici’. Di contro nel settore del personale amministrativo abbiamo una serie di vuoti. Noi abbiamo sei sedi di Tribunale: Palermo, Termini Imerese, Agrigento, Sciacca, Marsala e Trapani. Il tribunale a sua volta ha le sezioni distaccate, i cosiddetti tribunali metropolitani. Così Palermo ha Bagheria, Carini, Partinico, Monreale. Parliamo di articolazioni di carattere meramente interno: i magistrati che vanno a presatere servizio in queste sezioni sono magistrati del tribunale stesso”.
È possibile quantificare la carenza di personale?
“Per effetto della perversa legge Tremonti sulle restrizioni economiche, in molti hanno pensato di andare via. La Corte oggi manca complessivamente di 12 magistrati mentre a livello di personale amministrativo il dato raggiunge la percentuale del 25%, una cifra non da poco. Ogni ufficio mediamente manca di 8-9 persone. E il Tribunale registra carenze ancora maggiori. Sono state messe a bando alcune centinaia di posti ultimamente eppure mancano circa 1.600 magistrati su 10.000”.
La Class action, la cosiddetta azione collettiva, è un tema nuovo per la giurisprudenza italiana in quanto entrata in vigore soltanto in quest’ultimo anno.
“La Class action rientra tra le competenze regionali del Tribunale di Palermo, ma qui in Italia, essendo un prodotto assemblato per venire incontro alle esigenze tipicamente americane, è stata mal digerita. Il perché è facilmente deducibile: questa legge ha dei tasselli tali per cui ne diventa difficile l’attuazione quì da noi. Innanzitutto grava il costo elevato (in questa materia non è ammesso il gratuito patrocinio) e poi la Class action contro la Pubblica amministrazione perde qualsiasi significato perchè non comporta alcuna conseguenza. Mentre nel campo commerciale infatti, è previsto un indennizzo, nell’ambito della materia amministrativa non esiste alcun risarcimento. Nessuno si andrà ad imbarcare quindi in una operazione del genere con il rischio di non ricevere un rimborso”.
 


Risarcimenti per processi troppo lunghi. Nel 2009 il Ministero ha già pagato 150 milioni

La legge Pinto, entrata in vigore nel 2001, regola il diritto in base al quale è possibile ottenere un risarcimento in caso di durata irragionevole di un processo. Quali conseguenze ha comportato questa normativa? E, più nel dettaglio, è possibile quantificare le ricadute, in termini di costi, per la Corte d’ Appello di Palermo?
“Le cause avviate per il superamento del termine ragionevole per un processo finiscono sotto il giudizio della Corte d’Appello. Ma sono entrate in gioco le divisioni territoriali. Nel giugno di quest’anno sono venute fuori tre sentenze delle sezioni unite della Corte suprema di Cassazione che hanno scorporato la legge Pinto. Secondo l’interpretazione della articolo 3 della legge Pinto si perde la vecchia distinzione tra contabili, amministrativi e giudiziari. E tutto è passato da Palermo alla competenza della Corte d’Appello di Caltanissetta. Riflettiamo sul dato che il nostro giro, per quanto riguarda la sola materia riguardante i giudizi tributari contabili e amministrativi, è di circa 1.500 processi all’anno. Caltanissetta, quindi, con un organico di appena 13 consiglieri è sull’orlo del tracollo. Per tornare alla domanda su quale sia il costo della legge Pinto, non abbiamo dati che riguardano solo Palermo. Per l’Italia, posso dire che il Ministero ha pagato fino al 2009 ben 150 milioni di euro di risarcimento ed mantiene ancora un debito esistente, fino a due anni fa, di 86 milioni, per un totale complessivo di 267 milioni”.
 

 
Curriculum
 
Vincenzo Oliveri nasce a Villabate, in provincia di Palermo, l’8 dicembre del 1939. Entra in magistratura 45 anni fa, nell’aprile del 1965. Dopo avere ricoperto l’incarico di Pretore per tre anni a Trapani, diventa giudice al Tribunale di Termini Imerese e nel ‘75 approda al Tribunale di Palermo come giudice alla Prima Sezione Civile. Nel 1986 è consigliere alla Corte d’Appello, Prima Sezione Penale. Nel 2006 va a dirigere la Corte d’Appello di Cagliari dove resta fino al 5 marzo dell’anno scorso, data in cui torna a Palermo come Presidente della Corte d’Appello.

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