Contratto Fiat da trasferire nella Pa - QdS

Contratto Fiat da trasferire nella Pa

Carlo Alberto Tregua

Contratto Fiat da trasferire nella Pa

venerdì 31 Dicembre 2010

Affidare all’Antitrust la contrattazione

I contratti tra Fiat e Cisl Uil, relativi agli stabilimenti di Mirafiori e Pomigliano D’Arco, sono stati firmati al di fuori del contratto nazionale ed in piena autonomia anche dal rapporto confindustriale. Le caratteristiche più innovative riguardano il rapporto tra produttività e retribuzioni (chi più rende più guadagna), la rappresentanza sindacale consentita solo alle organizzazioni firmatarie, le quali nominano i propri delegati, non più eletti.
I due contratti hanno il compito di avvicinare le relazioni industriali a quelle di Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna, e migliorare la competitività del sistema Paese, per quanto limitatamente al comparto manifatturiero e segnatamente a quello dell’auto. Non è improbabile che queste nuove pattuizioni contrattuali, via via, vengano estese a tutte le imprese del comparto e probabilmente a quelle di tutti gli altri comparti.
Finalmente la parte del sindacato progressista ha condiviso questa svolta lasciando nelle lontane retrovie un sindacato politicizzato quale la Fiom-Cgil, che non cura gli interessi dei lavoratori bensì quelli dei dirigenti sindacali.

Se nel settore privato si è compreso  quanto sia indispensabile passare da contratti ingessati a contratti dinamici, quale leva per innestare il processo di crescita, resta al palo la contrattazione nella pubblica amministrazione. Ciò accade per il semplice motivo che il ceto politico, che fornisce alle istituzioni i propri rappresentanti, dovrebbe usare lo stesso metodo organizzativo di Marchionne. Con la differenza che i benefici di una efficienza non andrebbero agli azionisti, bensì ai cittadini.
Una organizzazione efficiente è indispensabile nel settore privato, ma anche in quello pubblico. Per quanto precede, sarebbe necessario utilizzare il metodo Marchionne nella Pa nazionale, regionale e locale. Ma siamo molto distanti da questo passaggio. In effetti la contrattazione dei rapporti di lavoro, anche sotto l’aspetto economico, non può essere affidata ai dirigenti pubblici, spesso sindacalisti. Che razza di contratto si può fare quando le due parti sostanzialmente non hanno conflitto di interessi? è proprio il conflitto di interessi che fa raggiungere il punto di equilibrio. Il conflitto tra l’interesse generale dei cittadini e quello particolare dei pubblici impiegati, che viene dopo.

 
Ecco, occorrerebbe affidare ad un’autorità tale contrattazione. Un’autorità che avesse come missione aumentare la concorrenza. Tale autorità esiste, è ben guidata dal suo presidente, Antonio Catricalà, e si chiama appunto Autorità garante della concorrenza e del mercato. Se la contrattazione fosse affidata all’Antitrust e ai sindacati dei pubblici dipendenti, siamo certi che verrebbero introdotti elementi di competitività per la produzione dei servizi pubblici oggi del tutto assenti.
È noto ai professionisti dell’organizzazione come l’efficienza dei servizi sia misurabile con precisione attraverso il principale strumento che è il Piano aziendale. Senza di esso nessuna struttura pubblica è in condizione di sapere se il rapporto fra risorse umane e finanziarie impiegate e i servizi prodotti sia il migliore possibile oppure insoddisfacente.
Ma da questo orecchio il ceto politico e i dirigenti pubblici non ci sentono perché sanno, in perfetta malafede, che se ogni struttura pubblica avesse il suo Piano aziendale, nessuno, ma proprio nessuno, potrebbe più chiedere e fare favori, perché esso è una camicia di forza del sistema, quasi un binario su cui il convoglio della struttura pubblica deve camminare per non deragliare.

Un’ultima riflessione riguarda l’assessore alla Sanità della Regione, Massimo Russo. Ne abbiamo stima per le sue doti professionali di magistrato,  utili nella sua attività di assessore. Il comparto che spende all’incirca 8 miliardi l’anno era intasato di porcherie, in parte eliminate. L’apprezzamento per la riduzione delle spese è pacifico, ma vi sono due versanti sui quali bisogna intervenire col massimo rigore: quello farmaceutico, con l’abbattimento di circa 400 mln di costi, da riportare alla media nazionale del 12%. Secondo, l’enorme quantità di personale (circa 4.000 unità) che il settore sanitario intende assorbire come se fosse isolato dall’amministrazione regionale. Metà degli assumendi possono essere, invece, prelevati dal personale interno riservando l’altra metà a medici e infermieri dopo un’adeguata potatura delle piante organiche, in base al Piano aziendale di ogni Asp e Ao.

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