Secondo l’articolo 7, comma 6, del Codice della Strada, infatti, “le aree destinate al parcheggio devono essere ubicate fuori della carreggiata e comunque in modo che i veicoli parcheggiati non ostacolino lo scorrimento del traffico”. Dove per carreggiata s’intende (art. 3) la “parte della strada destinata allo scorrimento dei veicoli; essa è composta da una o più corsie di marcia ed, in genere, è pavimentata e delimitata da strisce di margine”. E per parcheggio (art. 3) “l’area o infrastruttura posta fuori della carreggiata, destinata alla sosta regolamentata o non dei veicoli”.
Per il Codice della Strada (articolo 7, comma 8), invece, “qualora il comune assuma l’esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l’installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta, su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta”.
Nel catanese il problema è serio: le strade del centro sono una gigantesca macchia blu, ma anche in periferia la questione è rilevante. Di bianco e libero c’è ben poco. “Quel che è più grave, – sottolinea l’avv. Sebastiano Attardi di Veroconsumo – è che gli stalli blu vengono continuamente aumentati, solo per costituire una fonte di introito. Il Comune, di tale articolo (suddetto, ndr), non ne tiene conto, violando la legge, che è cogente anche nei confronti della pubblica amministrazione”.
Come è la situazione?
“Il Comune di Catania, tramite i vigili urbani, ha lanciato recentemente un piano “anti-indisciplinati”, per punire chi viola il codice della strada. Ora, se è giusto che venga fatto rispettare il codice, è altrettanto giusto che non si esageri e non si faccia dell’automobilista, solo e soltanto, una fonte di guadagno per le casse del Comune. Infatti, occorre essere piuttosto tolleranti, soprattutto per quanto riguarda il posteggio dell’auto e le strisce blu”.
Tolleranti in che senso?
È necessario tener presente la particolare situazione stradale di Catania, con la totale mancanza di parcheggi pubblici o privati. Se è legittimo che venga irrogata una sanzione a chi viola il codice, percorrendo una strada contro senso o attraversa l’incrocio mentre il semaforo segna rosso (in quanto detto comportamento può costituire un pericolo per gli altri), non appare altrettanto corretto e giustificato che i vigili si accaniscano contro il povero automobilista che, non trovando un parcheggio, è costretto alla fine, “obtorto collo”, a posteggiare l’auto nel primo spazio “libero” che trova. Ciò fa, però, curando di non arrecare alcun disturbo alla circolazione stradale. La prova è data dal fatto, ad esempio, che il vigile che mette le ganasce ad un’auto perché ostacola il traffico, bloccandola non risolve il problema della circolazione (che continua regolarmente), anzi lo complica. Se così è, a che cosa servono le ganasce, se non a “far cassa”? E la stessa cosa va detta per i numerosi ed esagerati stalli”.
Solo fonte di guadagno dunque?
“Trattasi, ormai, di una vera e propria “tassa di parcheggio” e, quindi, un duplicato della “tassa di circolazione” (cosiddetta tassa sul possesso)”.
A Catania il prezzo di un’ora di sosta è 0,75 euro e 2,40 per una mattinata, e la multa in caso d’infrazione è di 34 euro, 24 di contravvenzione più 10 di penale Sostare. Purtroppo però, per un ipotetico ricorso dinanzi al Giudice di Pace bisogna sborsare una somma superiore: gratuito fino al 2010, questo tipo di ricorso è passato in breve tempo da 38 a 41 euro. Cifra difficilmente rimborsabile, anche in caso di vittoria.
Nonostante ciò, una buona percentuale dei conducenti (circa il 40%) decide di far sentire le proprie ragioni in tribunale. Come racconta l’avv. Sebastiano Attardi, in realtà, “quando si eleva una sanzione, bisogna tener conto che essa costituisce, intanto, uno choc per l’automobilista, che è costretto anche a pagare una sanzione oltremodo esagerata per un’auto irregolarmente posteggiata”. Sarà per questo motivo che – spiega – “due multe su cinque vengono impugnate, davanti al Giudice di Pace, sottraendo così spazio a cause più importanti. Inoltre, sul piano fattuale, la maggior parte delle multe non vengono mai pagate dal cittadino, proprio perché ritenute ingiuste”.
“Per quanto riguarda in generale il problema dei ricorsi contro le multe, – suggerisce l’avv. Giovanni Petrone, Presidente regionale del Codacons Sicilia – quando ve ne siano fondati motivi, esiste sempre la possibilità di ricorso al Prefetto, che in caso di esito positivo non ha costi”. Perché, infatti, nell’ipotesi di un eventuale respingimento, oltre alle spese del procedimento, l’automobilista dovrà pagare una somma non inferiore al doppio della sanzione. Rimane comunque l’unica soluzione alternativa al Giudice di Pace.
Alla fine della girandola, in caso di ricorso, chi paga le conseguenze è esclusivamente il cittadino, costretto quasi sempre a sborsare cifre più alte, oltre al tempo necessario per le pratiche, giudice di pace o prefetto che sia.
Per questo insieme di motivi, per il consigliere provinciale Giuseppe Galletta: “il sindaco deve risolvere politicamente il problema e sospendere la validità degli stalli della città, deliberando una moratoria degli accertamenti notificati. Solo facendo chiarezza sulla normativa ed eliminando gli stalli illegali sarà più condiviso ed accetto dai catanesi l’obbligo di pagare per parcheggiare”.