La tua banca fallisce? Le istruzioni per difendersi - QdS

La tua banca fallisce? Le istruzioni per difendersi

Eloisa Bucolo

La tua banca fallisce? Le istruzioni per difendersi

martedì 04 Ottobre 2011

Secondo una direttiva comunitaria gli Istituti di credito nell’Ue devono aderire ad un fondo Interbancario

CATANIA – A causa della crisi economica che il nostro paese, come il resto del mondo, attraversa, assume forma sempre più concreta il timore delle famiglie di veder risucchiati, come in un vortice, i risparmi di tutta una vita.
È facile domandarsi in queste circostanze cosa può succedere ad esempio se la nostra banca fallisce. Nella malaugurata ipotesi di liquidazione coatta amministrativa di un Istituto di credito, la paura è d’essere soddisfatti con moneta fallimentare, che spesso si sostanzia nella perdita del credito, mentre, invece, esistono strumenti normativi che proteggono i risparmiatori e gli investitori. La Direttiva Comunitaria 2009/14/CE obbliga le banche operanti nella Comunità Europea, ad aderire a un “Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi” che assicura un livello minimo di garanzia per ogni depositante.
 
La direttiva europea è stata recepita in Italia con il D.Lgs. 659/1996, in ultimo modificato dal D.Lgs. 49/2011. Le banche italiane già nel 1987 hanno sentito la necessità di costituire un fondo interbancario di tutela dei depositi nella forma di consorzio volontario, diventato obbligatorio con il recepimento della direttiva europea (www.fitd.it). Ad esso aderiscono tutte le banche italiane, ad eccezione di quelle di credito cooperativo che aderiscono al “Fondo di garanzia dei depositanti del credito cooperativo” (www.fgd.bcc.it).
Ogni depositante è garantito, per le disponibilità risultanti sul conto, sino a € 100.000, limite modificato dal d.lgs. 49/2011rispetto al precedente di € 103.291,38, pari a 200 milioni di vecchie lire. In caso di giacenze superiori alla garanzia, invece, si corre il rischio di non tornare in possesso del capitale eccedente la garanzia. La tutela offerta dal FITD è per depositante, dunque nel caso di un conto cointestato che ammonta a € 300.000, a ciascun cointestatario spettano € 100.000.
Le succursali di banche europee operanti in Italia, invece, non sono tenute ad aderire al FITD italiano, ma possono farlo al fine di integrare la tutela offerta dal sistema di garanzia dello Stato di appartenenza. In tale situazione, il Fondo italiano procede ai rimborsi nei casi in cui sia intervenuto il sistema di garanzia dello Stato di appartenenza.
Le succursali di banche extracomunitarie, autorizzate in Italia, hanno l’obbligo di aderire al Fondo italiano, salvo che non partecipino ad un sistema di garanzia estero equivalente.
Sono ammessi al rimborso i crediti relativi ai fondi acquisiti dalle banche con obbligo di restituzione, sotto forma di depositi o sotto altra forma, nonché agli assegni circolari o altri titoli di credito ad essi assimilabili.  Sono esclusi, per esempio, dalla tutela i depositi e gli altri fondi rimborsabili al portatore, le obbligazioni, i crediti derivanti da accettazioni, pagherò cambiari ed operazioni in titoli. Per le altre esclusioni si rinvia all’art.96-bis del D.Lgs.659/96 e ss.mm.e ii. I Fondi interbancari operano sotto la vigilanza della Banca d’Italia. L’attesa massima per il rimborso è di 20 gg. lavorativi, prorogabili dalla Banca d’Italia in circostanze del tutto eccezionali di altri dieci giorni.
Diversa è la situazione in caso di depositi su conto corrente BancoPosta, in tal caso non interviene il Fondo, ma lo Stato Italiano in quanto possiede la maggioranza del capitale sociale dell’azienda.
Per quanto non garantito da specifici Fondi o, nel caso delle Poste, dallo Stato occorre fare riferimento alla legge fallimentare. L’art. 56 della legge, ispirandosi al principio di giustizia sostanziale, consente a chi viene a trovarsi nella posizione di creditore-debitore del soggetto fallito, di operare la compensazione del proprio credito con i debiti verso il fallito stesso, anche se non scaduti  prima della dichiarazione di fallimento. Ma per evitare operazioni di sciacallaggio nei confronti del fallito, il secondo comma dell’articolo precisa che “per i crediti non scaduti, la compensazione non ha luogo se il creditore ha acquistato il credito per atto tra vivi dopo la dichiarazione di fallimento o nell’anno anteriore”.

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