Degrado siti Unesco, Regione siciliana alla finestra - QdS

Degrado siti Unesco, Regione siciliana alla finestra

Stefania Zaccaria

Degrado siti Unesco, Regione siciliana alla finestra

martedì 15 Novembre 2011

Legambiente ha redatto un dossier con la lista dei beni culturali che necessitano di interventi urgenti di restauro. Tra le bellezze a rischio l’area archeologica di Agrigento, le isole Eolie e le città del Val di Noto

PALERMO – “…Tanto ormai il riconoscimento l’abbiamo ottenuto e ce ne freghiamo!”. L’oggetto di questa frase è il riconoscimento dell’Unesco e a pronunciarla sono stati degli amministratori pubblici, delle persone che si trovano ad essere responsabili di beni definiti ‘Patrimonio dell’Umanità’. Si tratta di parole dure se riferite all’ineguagliabile valore delle bellezze siciliane, raccontate all’interno di un dossier da Gianfranco Zanna, responsabile per i beni culturali di Legambiente Sicilia.
L’Area archeologica di Agrigento, la Villa romana del casale di Piazza Armerina, le Isole Eolie, le Città del tardo Barocco del Val di Noto e la Necropoli rupestre di Pantalica, a Siracusa, sono considerati tra i siti più belli del mondo ma anche tra i più degradati. Da una parte c’è il vanto di fregiarsi di un importante riconoscimento – che porta naturalmente notorietà e ricchezza –  dall’altro c’è il ‘dichiarare guerra’ alle Nazioni Unite che cercano disperatamente di conservare le nostre eredità più preziose.
La Regione Siciliana è considerata ‘latitante’ da Legambiente perché, nonostante il ruolo che lo Statuto le affida, non riesce a garantire a tutti questi beni il decoro che meriterebbero. Il dossier, realizzato per Salvalarte e presentato qualche giorno in tutta la Sicilia, mette in risalto proprio questi elementi soffermando l’attenzione sui cinque siti citati precedentemente.
L’area archeologica di Agrigento, ad esempio, nonostante l’iscrizione tra i beni Unesco nel 1997, rimane incastonata tra le seicento case abusive presenti in zona. Problema annoso, comunque, che si aggiunge allo smantellamento dell’Ente Parco Valle dei Templi, istituito nel 2000, con legge regionale, e poi commissariato. Da quasi un anno si attende infatti il rinnovamento del Consiglio del Parco – scaduto a gennaio – ma nessuna buona nuova sembra arrivare dalla Regione che, anzi, ha tentato più volte di cancellare degli articoli della legge n.20 che ha istituito l’ente.
Poi ci sono le Isole Eolie e le continue denunce che Legambiente ha fatto negli anni per gli interessi speculativi che persistono. “L’ultimo episodio – denuncia l’associazione – è il progetto dello sciagurato megaporto di Lipari, presentato per rispondere alle giuste esigenze di avere approdi sicuri ma che in realtà rappresenta una grande speculazione edilizia e immobiliare”.
Non migliore è la situazione delle otto città della Val di Noto: qui il discorso è molto complesso anche perché non c’è una strategia comune e unitaria e le attività sono affidate esclusivamente alla sensibilità dei singoli amministratori. “Sarebbe indispensabile costruire una vera e propria cabina di regia per elaborare interventi, strategie, azioni e attività comuni – fanno sapere da Legambiente – In questo specifico ruolo è l’Amministrazione regionale che dovrebbe svolgere il suo fondamentale compito e le sue funzioni”.
 
E poi c’è Siracusa che, oltre alla Necropoli rupestre di Pantalica, presenta una serie di problematiche, a partire dal secondo porto turistico per poi proseguire con la scarsa valenza del Prg che permette interi comparti edilizi in zone protette.
 


L’approfondimento. Villa del Casale salvata dalle denunce dell’associazione
 
PALERMO – La Villa Romana del Casale, a Piazza Armerina, merita invece un discorso diverso. Dopo oltre dieci anni di denunce da parte di Legambiente – quelle che hanno portato alla nascita della campagna Salvalarte – il sito è stato finalmente tutelato e sono stati messi in campo una serie di interventi per salvaguardare i meravigliosi mosaici. Attualmente, infatti, la Villa è interessata da un imponente cantiere di restauro che dovrebbe arginare il degrado e l’abbandono a cui il sito era sottoposto. L’intervento è iniziato nel 2007 e doveva finire circa un anno dopo: a causa di consegne parziali e di proroghe, però, il termine ultimo era stato dapprima fissato per l’agosto 2009, poi per il maggio 2011. Ad oggi i lavori sono ancora in corso e non si conosce ancora la data reale della loro ultimazione. Le emergenze, però, ci sono anche qui: non c’è ancora il Piano di gestione Unesco, non sono presenti archeologi e restauratori nella pianta organica del Servizio Parco archeologico, non ci sono spazi per i servizi aggiuntivi e a pochi metri dall’ingresso del sito sorge una struttura che, oltre a deturpare l’ambiente, ha provocato la distruzione di strutture coeve all’insediamento romano.

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