Protocollo di Kyoto, un fallimento. Emissioni aumentate del 38% - QdS

Protocollo di Kyoto, un fallimento. Emissioni aumentate del 38%

Bartolomeo Buscema

Protocollo di Kyoto, un fallimento. Emissioni aumentate del 38%

giovedì 01 Dicembre 2011

Lunedì scorso si è aperta a Durban (Sudafrica) la Conferenza Onu sul cambiamento climatico. Gli scienziati: senza un repentino cambiamento il pianeta sarà sconvolto

CATANIA – La conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico di Durban, apertasi lunedì scorso, è la nuova tappa del Protocollo di Kyoto, che vedrà la conclusione nel dicembre del 2012 e che ha già visto due importanti incontri: Bali e Cancun. A Bali nel 2007 fu sottoscritto il “Bali Action Plan”; a Cancun, lo scorso 16 dicembre hanno visto la luce i “Cancun Agreements”. Nella città sudafricana fervono gli incontri tra le diverse delegazioni tecniche sul futuro del Protocollo che ricordiamolo, vincola i paesi sottoscrittori a ridurre le emissioni di anidride carbonica.
Se ci sarà un dopo Kyoto è difficile dirlo. Quello che invece si può affermare è che tra il 1997, anno della prima ratifica, e il 2009 le emissioni serra sono aumentate del 38%. Una percentuale impressionante che fa traballare il debole Protocollo che come noto impegna ormai una minoranza esigua dei Paesi emettitori di anidride carbonica tra cui la nostra Europa che può vantarsi di aver mantenuto gli impegni assunti. “Ma una seconda fase con solo l’UE, o quasi, coinvolta in quest’accordo consentirebbe di coprire solamente l’11% delle emissioni globali” come ha ricordato la Commissaria UE – Azione per il Clima, Connie Hedegaard, nel corso della riunione della Commissione Ambiente del Parlamento Europeo tenuta lo scorso 7 novembre a Bruxelles. Ecco perché è necessario coinvolgere più Nazioni possibili. Purtroppo il quadro generale non è confortante.
Il Canada, la Russia e il Giappone hanno dichiarato che non intendono ratificare nuovi impegni dopo il 2012. Gli Stati Uniti non hanno mai sottoscritto alcun accordo vincolante sul clima. Cina e India che sono i maggiori emettitori di anidride carbonica sono arroccati sulla formula delle “responsabilità comuni ma differenziate”, e non vedono di buon grado alcun impegno cogente.
Sul versante scientifico, invece, i climatologi parlano chiaro: se non ci saranno azioni energiche, l’aumentodi temperatura globale nel corso del secolo avrà effetti sconvolgenti. Sono previsioni che lasciano poco spazio all’ottimismo.
Siamo arrivati all’ultima spiaggia? La conferenza di Durban sarà l’ultima occasione per salvare il nostro Pianeta?
L’Unep, il Programma Ambiente delle Nazioni Unite, ha elaborato uno scenario di riduzione dell’anidride carbonica , con costi economici accettabili e compatibili con le economie anche dei Nazioni emergenti,che scongiurerebbe quello che molti scienziati chiamano il punto di non ritorno, ossia un aumento medio globale della temperatura oltre i due gradi centigradi.
Nel 2010 la concentrazione di anidride carbonica, principale responsabile dei gas serra, nell’atmosfera ha raggiunto 389 parti per milione, +2,3 ppm rispetto all’anno precedente, registrando una dinamica superiore a quella media degli anni ‘90 (+1,5 ppm/anno). Però le scelte li compiono gli stati sovrani, che a quanto pare non sono molto entusiasti di allocare risorse monetarie, stante il precario assetto della situazione finanziaria mondiale. Anche se la compravendita di emissioni di gas serra, che ha già superato i cento miliardi di euro, comincia a palesare l’alto costo dell’inquinamento dovuto alla sconsiderata corsa a bruciare combustibili fossili non rinnovabili.
Gli esiti della conferenza di Durban presumibilmente tracceranno uno scenario di attesa che si protrarrà fino al 2015. Per quella scadenza l’espansione della Green economy, che già oggi caratterizza i Paesi a economia crescente, tra cui la Cina, sarà, forse, l’elemento chiave per un’efficace azione di contrasto al cambiamento climatico.
 


Intanto la Sicilia fa la sua parte. Marino firma impegno con Ue
 
BRUXELLES – Il vice presidente della Regione, Giosuè Marino, ha firmato ieri nella sala delle adunanze del Parlamento europeo, il Patto delle Isole: l’accordo che impegna la Sicilia e le amministrazioni comunali delle isole “minori” – Favignana, Lampedusa, Leni, Lipari, Malfa, Pantelleria, Santa Maria Salina e Ustica, che hanno dato formale delega alla Regione – ad abbattere le emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera del venti per cento entro il 2020. La Sicilia – che aveva già aderito nel novembre del 2010 al Patto dei Sindaci – ha formalizzato adesso la sua partecipazione anche al Patto delle Isole, che offre maggiori incentivi alle amministrazioni che decidono di utilizzare fonti rinnovabili e sistemi che abbattano le dispersioni e gli sprechi energetici. “Grazie ai finanziamenti comunitari – ha detto l’assessore Marino -, contribuiremo in maniera concreta alla tutela dell’ambiente, dando un forte impulso a nuove attività imprenditoriali che produrranno vantaggi anche sul piano economico ed occupazionale”. Con la firma di ieri e l’impegno alla redazione dei SEAP, i singoli piani d’azione per l’energia sostenibile, sarà costituita una cabina di regia regionale, che coordinerà le attività su tutto il territorio”.

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