Tutti i volti e le formule del volontariato - QdS

Tutti i volti e le formule del volontariato

Roberto Quartarone

Tutti i volti e le formule del volontariato

giovedì 12 Gennaio 2012

Tre le tipologie possibili: fondazioni, associazioni e comitati. Un comune denominatore: l’assenza dello scopo di lucro. Per lo start-up necessari l’attribuzione del codice fiscale, l’atto costitutivo e lo statuto

Chi vuole iniziare un’attività no profit in Italia ha solo l’imbarazzo della scelta: la legislazione ha messo a disposizione un’ampia gamma di possibilità di scelta tra tante forme di volontariato. Fermo restando che il volontariato è tale proprio perché inserito in un contesto associativo, per il codice civile ci sono tre forme di enti no profit: fondazioni, associazioni e comitati.
FONDAZIONI. Le fondazioni sono costituite da amministratori che mettono a disposizione un capitale ingente per una determinata causa; non sono previsti soci perché il patrimonio degli amministratori è separato da quello della fondazione e i creditori non possono rivalersi su di loro. Gli ambiti sono i più disparati: ad esempio, ne esistono per la commemorazione di personalità scomparse attraverso il bando di borse di studio, o per l’aiuto alla ricerca scientifica, o per l’impulso alla cultura e all’educazione.
 
ASSOCIAZIONI. Le associazioni sono le forme più comuni di volontariato. Si tratta di gruppi di soci che si uniscono per uno stesso fine, che mettono insieme un fondo per poter svolgere le attività associative.
 
COMITATI. I comitati sono dei gruppi più informali, non sempre riconosciuti, in cui chi organizza si impegna in prima persona per coinvolgere altri cittadini in una causa specifica. Ne sorgono spesso per eventi che richiedono la sensibilizzazione dell’opinione pubblica: i comitati promotori dei referendum, ad esempio.
Per finalità, le varie organizzazioni no profit possono essere associazioni di promozione sociale, onlus (organizzazione non lucrativa di utilità sociale), organizzazioni di volontariato, ong (organizzazioni non governative) o associazioni e società sportive dilettantistiche (la tabella ne riassume tutti gli obblighi e le competenze).
Fondazioni, associazioni e comitati sono accomunati dall’assenza dello scopo di lucro. In altre parole, non si possono dividere gli utili, gli avanzi o le riserve tra chi promuove l’ente (promotori, amministratori o soci), ma bisogna reinvestirli nelle attività. La priorità è affidarsi quindi a volontari che non ricevono alcun salario, ma in alcuni casi si può far ricorso a personale retribuito, anche interno all’organizzazione. Inoltre le attività possono essere a beneficio dell’intera comunità e anche dei soci stessi. Le organizzazioni di volontariato sono invece fuori da questo schema: i soci non possono avere alcun tipo di ritorno economico e i beneficiari delle proprie attività possono essere solo esterni. Sono simili le onlus, che però hanno degli ambiti specifici di azione (disabili, anziani non autosufficienti, immigrati, tossicodipendenti, alcolisti… ma anche tutela del patrimonio culturale e la ricerca scientifica) e possono avere delle attività connesse.
Per lo start up e quindi l’inizio dell’attività di qualsiasi organizzazione no profit sono necessari alcuni accorgimenti. Per prima cosa c’è bisogno di una prima riunione costitutiva, in cui più persone si accordano attraverso un contratto di associazione (o atto costitutivo) che può essere una scrittura privata o autenticata o un atto pubblico. Va scelta la formula che vada meglio per le finalità dei soci – che comunque non possono essere prevalentemente commerciali – scegliendo tra i vari tipi elencati. A quel punto, lo statuto deve essere registrato entro venti giorni. Il modo più semplice è la scrittura privata registrata: il rappresentante legale deve richiedere l’attribuzione del codice fiscale e registrare l’atto costitutivo e lo statuto, il tutto all’ufficio delle Entrate.
 
Esistono poi varie strade per completare la procedura. Le associazioni non riconosciute devono solo inviare entro 60 giorni dalla costituzione il modello Eas. Le associazioni di promozione sociale in più devono essere iscritte entro un anno presso il registro nazionale (entro altri 60 giorni saranno iscritte) o locale. Per le organizzazioni di volontariato, bisogna attendere l’esito dell’istanza di iscrizione al registro locale, ed è la regione che stabilisce i tempi di attesa. Le onlus hanno tempi più stretti: la direzione regionale delle entrate dev’essere avvertita in 30 giorni, mentre 40 giorni dopo l’istanza sarà accolta o meno.
 

 
Agenzia Entrate. Agevolazioni fiscali e Modello Eas
 
Alcune associazioni hanno l’obbligo di dimostrare al fisco di beneficiare in modo corretto delle norme sulle agevolazioni fiscali. Per questo è stato istituito il modello Eas (reso obbligatorio dal provvedimento del 2/9/2009, art. 30 del d.l. n. 185): 38 quesiti in cui bisogna specificare la modalità di partecipazione alla vita associativa, la definizione delle entrate tipiche, la realizzazione di determinate attività, la corresponsione di una quota agli amministratori e l’adozione nello statuto delle disposizioni di legge in materia.
Il modello Eas è stato introdotto dall’Agenzia delle Entrate per valutare gli Enti ASsociativi (da qui la sigla) e verificare che il tipo di entrate diano ancora la possibilità di beneficiare dell’Iva e delle imposte sui redditi. Il mancato invio della dichiarazione entro sessanta giorni dalla data di costituzione comporta gravi conseguenze, perché si perde la defiscalizzazione sulle quote sociali (la prima fonte di risorse) e sui corrispettivi ai soci.
Secondo la circolare dell’Agenzia delle Entrate n.45/E del 29/10/2009, il modello Eas non è obbligatorio per le organizzazioni di volontariato che svolgano solo “attività commerciali e produttive marginali”, per le associazioni sportive dilettantistiche, per le onlus e per alcune pro-loco.

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