L’acqua del sindaco e i siciliani, il 64,2% ancora non si fida - QdS

L’acqua del sindaco e i siciliani, il 64,2% ancora non si fida

Eloisa Bucolo

L’acqua del sindaco e i siciliani, il 64,2% ancora non si fida

sabato 25 Febbraio 2012

Quali sono i criteri per stabilirne la qualità e poterla definire “potabile”

CATANIA – Il 2011 è stato un anno di battaglie per l’acqua, specie in Italia, e il 2012 non sarà da meno dato che la Commissione Europea ha dichiarato che sarà “l’anno dell’acqua”, impegnandosi a presentare entro il prossimo autunno il Blueprint to safeguard Europe’s Waters (Blueprint per salvaguardare le acque europee), documento destinato a diventare la Bibbia dell’Ue in materia di politica e gestione delle risorse idriche.
Progetti e buone intenzioni non hanno finora sortito gli effetti sperati nel nostro Paese, dove la diffidenza nel bere acqua di rubinetto continua ad essere elevata: il 32,8% delle famiglie, secondo le ultime rilevazioni Istat del 2010, dichiara di non fidarsi a berla. Il fenomeno raggiunge i livelli più elevati in Sicilia con il 64,2%.
A stabilire i criteri relativi alla qualità delle acque e i parametri analitici ai quali un’acqua deve sottostare per potere essere definita potabile è il d.lgs n.31/ 2001 (modificato dal d.lgs n. 27/2002), che recepisce nella legislazione nazionale le prescrizioni della direttiva dell’Unione Europea 98/83/CE.
“Acque destinate al consumo umano” sono quelle, trattate o non trattate, erogate attraverso impianti idrici autonomi o cisterne, destinate ad uso potabile e per la preparazione di cibi e bevande o utilizzate nelle imprese alimentari per l’immissione nel mercato di prodotti commestibili.
Il decreto regolamenta tutti gli aspetti organolettici, microbiologici, chimici legati all’erogazione dell’acqua e fissa i limiti di concentrazione ammissibili, tenendo conto dell’assunzione massima giornaliera su lunghi periodi, della natura del contaminante e della sua eventuale tossicità.
I parametri sono stati divisi in 3 gruppi: “microbiologici”, “chimici” e “indicatori”. Questi ultimi si riferiscono a sostanze che, non presentano, di per sé un rischio diretto per la salute, ma forniscono un’indicazione tempestiva delle variazioni della qualità dell’acqua e dell’eventuale necessità d’interventi correttivi. Il superamento, invece, dei parametri microbiologici costituisce pericolo per la salute ed obbliga all’interruzione della distribuzione idropotabile. Per il superamento di parametri chimici può essere previsto un periodo di deroga limitato nel tempo e comunque non superiore a 3 anni.
Le Regioni che hanno i parametri dell’acqua non in regola, possono, infatti, fare richiesta di deroga al Ministero della Sanità, che in concerto con il Ministero dell’Ambiente, può concederla purché non presenti un potenziale pericolo per la salute umana e non possa essere assicurato l’approvvigionamento idrico, con nessun altro mezzo congruo. I provvedimenti di deroga devono presentare, in ogni caso, un piano d’interventi tecnici, mirati al rientro del valore parametrico in eccesso e l’impegno a informare, “tempestivamente ed adeguatamente” la cittadinanza. La Sicilia, per esempio, è ricorsa al provvedimento in deroga con riferimento al vanadio.
La potabilità dell’acqua deve essere periodicamente sottoposta al duplice controllo del gestore del servizio idrico (controllo interno) e dell’azienda unità locale territorialmente competente (controllo esterno).
Sono effettuati controlli di routine, ad intervalli regolari, per accertare la qualità organolettica e microbiologica delle acque in relazione anche ad eventuali trattamenti di potabilizzazione e in particolare di disinfezione. I controlli di verifica, che rilevano tutti i parametri di potabilità, sono effettuati a campionamento in diversi punti di scorrimento dell’acqua, dalla sorgente fino alle fontane e fino al punto di consegna, con cadenza stabilita in base al volume d’acqua distribuito in una zona. Più è alto il volume dell’acqua distribuita, più sono frequenti i controlli. Ad esempio in un acquedotto che eroga ogni giorno tra i 1.000 e i 10.000 metri cubi di acqua, ogni anno sono previsti 1 controllo di verifica e 4 controlli di routine.
Il gestore del servizio idrico è responsabile del rispetto dei valori fissati nella legge, per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione, fino al punto di consegna, rappresentato in genere dal contatore. I risultati delle analisi che ogni mese effettua vengono indicati sul retro delle bollette in modo che ogni utente sia costantemente informato.
Non spetta al gestore farsi carico, invece, del controllo delle vasche in possesso del condominio. Sarà compito del titolare o del responsabile della gestione dell’edificio, assicurare che i valori di potabilità siano mantenuti anche nel tratto tra il punto di consegna del gestore pubblico e il rubinetto.
 

 
Il giudizio delle famiglie sull’erogazione di acqua
 
Nel 2010 lamentano irregolarità nell’erogazione dell’acqua il 10,8% delle famiglie italiane, secondo i dati diffusi dall’Istat in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, istituita dall’ONU,celebrata lo scorso 21 marzo.
Il quadro di sintesi evidenzia come i consumi delle famiglie italiane delle acque urbane siano notevolmente condizionati da sfiducia sia sull’erogazione dell’acqua da parte dei gestori dei servizi idrici che in generale sulla potabilità dell’acqua.
Le famiglie del Nord sono le più fiduciose considerato che appena il 5,8% dichiara irregolarità nell’erogazione dell’acqua mentre a nutrire maggiori dubbi sono soprattutto le famiglie residenti nel Mezzogiorno (18,7%), in particolare in Calabria (33,4%) e in Sicilia (28,3%).
Le percentuali aumentano se si valuta la diffidenza delle  famiglie nel bere acqua di rubinetto: il 32,8% ha al suo interno uno o più componenti che dichiarano di non fidarsi a berla. Tale fenomeno raggiunge i livelli più elevati in Sicilia (64,2%), Calabria (52%) e Sardegna (49,8%).

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