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Agricoltori abbandonati dalle istituzioni

redazione

Agricoltori abbandonati dalle istituzioni

giovedì 15 Marzo 2012

Nonostante la ricchezza di terre e prodotti il comparto è sprofondato in una crisi che sembra non trovare soluzioni. Mancano politiche di marketing e si deve fare i conti con una scarsa capacità di commercializzazione

CATANIA – Duro appello lanciato da Alfio Mannino (Segretario FLAI Catania) e Pino Mandrà (Responsabile Area Jonica FLAI) per salvare il comparto agricolo catanese e siciliano stretto più che mai nella morsa della crisi e flagellato da alcuni eventi calamitosi che hanno portato gli agricoltori isolani alla canna del gas.
Da un recente studio del Centro di Ricerca per l’Agrumicoltura e le Colture Mediterranee di Acireale, emerge che le Arance Rosse crescono soltanto in determinate condizioni climatiche legate ad un connubio di clima caldo e freddo e di territorio, che crea la pigmentazione e le caratteristiche organolettiche che le rendono uniche al mondo.
 
Già sapevamo dei benefici salutistici e anticancro delle antocianine contenute nelle nostre arance rosse; oggi apprendiamo che, da una seconda ricerca, sempre effettuata dal C.R.A. – A.C.M. di Acireale, le antocianine contenute nelle nostre arance possono essere utilizzate contro l’obesità sia nella dieta che nell’industria farmaceutica.
Ma allora perché questo comparto è sprofondato in una crisi acuta avendo a disposizione un prodotto così unico al mondo? Sicuramente a causa della miopia delle classi dirigenti.
 
La crisi del settore agricolo viene da lontano e viene alimentata non solo dalle deficienze della politica, ma anche da ragioni prettamente strutturali che negli anni non si è riusciti ad aggredire e che, oggi, si manifestano in tutta la loro gravità, a partire dal comparto degli agrumi.
I fattori strutturali sono:
1) Mancanza di politiche di marketing per promuovere i nostri agrumi nel mondo e, in particolare, le nostre arance rosse, che hanno caratteristiche organolettiche tali da renderle uniche.
2) Scarsa capacità di commercializzazione dei prodotti.
3) Grave mancanza di un insediamento industriale, nella nostra provincia, per la lavorazione e la trasformazione delle nostre arance (lavorazione del fresco).
4) Scarsa propensione alla cooperazione. Gli agricoltori siciliani sono restii ad associarsi tra di loro (come invece avviene ad esempio in Spagna).
5) Mancanza di sostegni all’integrazione e alla completa tracciabilità di filiera.
6) Mancanza di rafforzamento delle infrastrutture viarie di penetrazione agricola.
7) Carenze di iniziative a sostegno dello sviluppo tecnologico e produttivo.
In Sicilia si producono ogni anno circa 12 milioni di tonnellate di arance. Il 70 per cento – secondo i dati dell’ISMEA, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo e Alimentare – viene esportato verso Paesi che sembrano, però, sempre meno attratti dalle arance rosse di Sicilia. La richiesta, da parte della Svizzera, è crollata lo scorso anno del 24 per cento, mentre il calo della domanda ha sfiorato il 47 per cento in Germania. Di contro, l’Italia continua ad importare sempre più arance dall’estero: dalla Spagna, dalla Francia, dal Sudafrica.
Stiamo pagando il prezzo di politiche sbagliate, causate da un’amministrazione inefficiente e da un cattivo modo di gestire le risorse pubbliche ed i fondi europei in particolare. La Sicilia è addirittura l’ultima, tra le regioni d’Italia, per l’utilizzo delle risorse comunitarie.
Il settore agrumicolo è vessato da costi di produzione sempre più alti e penalizzato da prezzi di vendita sempre più bassi.
La campagna agrumicola di quest’anno è stata segnata non solo dal costo bassissimo del prodotto, ma anche dalle tante avversità atmosferiche che hanno messo in ginocchio l’intero comparto. I braccianti agricoli, che sono la parte più debole della catena, troppo spesso, purtroppo, sono dimenticati dalle istituzioni; in particolare, quest’anno, i lavoratori in agricoltura hanno effettuato poche giornate lavorative a causa delle avversità climatiche e rischiano di non raggiungere il numero minimo di giornate per usufruire della disoccupazione agricola.
A fronte di tutto ciò, la FLAI CGIL chiede una serie di provvedimenti urgenti a sostegno di questa categoria e per il rilancio dell’intero comparto agricolo della nostra provincia.
Chiediamo, in particolare, la modifica della normativa che regola la fruizione dei benefici per i braccianti agricoli in caso di calamità naturale; e la messa in campo, da parte delle istituzioni, di opportuni ammortizzatori sociali che diano un sostegno al reddito dei braccianti.
Queste misure sono urgentissime per quei comuni a forte vocazione agrumicola come quelli dell’acese, poiché queste comunità rischiano di attraversare una crisi economica e sociale non sostenibile.

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