Formazione professionale, nuovo Piano ma restano i vecchi dubbi e le incertezze - QdS

Formazione professionale, nuovo Piano ma restano i vecchi dubbi e le incertezze

Michele Giuliano

Formazione professionale, nuovo Piano ma restano i vecchi dubbi e le incertezze

martedì 17 Aprile 2012

Nell’ultimo anno quasi quattro mila operatori sono stati licenziati, ora vadano a cercarsi un vero lavoro. Ad oggi il settore resta un enorme calderone inutile a trovare collocazione sul mercato del lavoro

PALERMO – Con il nuovo Piano regionale dell’offerta formativa davvero tutti i problemi occupazionali nell’immensa galassia degli enti di formazione in Sicilia saranno superati? Più di un dubbio certamente viene espresso dai sindacati che non sono affatto convinti al 100 per cento nonostante le tante rassicurazioni del governo regionale. Tanto che il presidente della Task Force sull’occupazione della Regione, Salvatore Cianciolo, ha convocato un incontro con le organizzazioni di categoria su input dello Snals Confsal e della Uil per far fronte alla salvaguardia dei livelli occupazionali del personale degli enti di formazione. In particolar modo si è parlato di Fondazione Cas, Sicilform, Irfap, Ecap di Caltanissetta, Geoinformaca, ed Enaip di Caltanissetta.
Lo Snals Confsal ha valutato positivamente l’iniziativa del Governo per l’applicazione del comma 2-bis della legge regionale 1 settembre 1993, numero 25, nei confronti dei circa 180 lavoratori che si trovano in una posizione di incertezza dovuta all’esclusione, di alcuni Enti, dal prossimo piano dell’offerta formativa triennale finanziato con i fondi europei (avviso numero 20/2011).
La preoccupazione è che altri, probabilmente, se ne aggiungeranno a seguito della seconda fase di valutazione dei progetti. L’amministrazione regionale sarebbe disposta a prendere in considerazione le proposte delle organizzazioni di categoria formulate tramite una piattaforma.
Lo Snals Confsal ha espresso il proprio disappunto sullo scenario che si è venuto a creare che presenta, da un lato, Enti che mettono il personale in cassa integrazione (circa 3.600 unità nel 2011) e, dall’altro, enti privi di personale che, invece di impiegare diversamente il personale messo in cassa integrazione, hanno preferito assumerne altro: “Ciò – a detta del sindacato – potrebbe aver creato un danno erariale in barba a tutte le delibere di giunta che invitavano i Dirigenti dei Dipartimenti a vigilare a che ciò non accada. Da tempo si procede in modo irrispettoso delle leggi, la programmazione non raggiunge gli obiettivi, gli accordi vengono disattesi. In questo quadro i lavoratori, trattati come carne da macello, sono stati licenziati o sospesi dal proprio lavoro ed avanzano diverse mensilità di stipendio dai propri enti di formazione di origine e anche dall’Inps”.
 

 
L’approfondimento. I sindacati si appellano alla legge 2 del 1977
 
I sindacati in particolare fanno appello alla legge regionale 2 del 1976 che espressamente prevede la garanzia dei livelli occupazionali. Ad essere contemplato anche il fatto che gli stipendi devono essere corrisposti puntualmente secondo il contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria e le leggi regionali 1 settembre 1993 numero 25 e 23 dicembre 2002 numero 23. “L’amministrazione regionale – aggiunge lo Snals – aveva decantato le tante fonti di finanziamento disponibili, come il fondo sociale europeo e gli ammortizzatori sociali della cassa integrazione in deroga, invece i lavoratori stanno morendo di fame, nonostante risultino essere garantiti dalla legge. Ancora il Dipartimento Regionale alla Formazione professionale avrebbe dovuto vigilare e verificare le modalità di utilizzo del denaro pubblico e far applicare le leggi regionali, nazionali e comunitarie in vigore che, purtroppo, sembra non vengano rispettate, come per esempio la stessa legge regionale 5/2011”.

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