La Pa è un’orchestra non può stonare - QdS

La Pa è un’orchestra non può stonare

Carlo Alberto Tregua

La Pa è un’orchestra non può stonare

mercoledì 29 Luglio 2009

I dirigenti facciano il loro mestiere

Nella scienza dell’organizzazione, è noto il concetto dell’orchestra. Un concetto applicabile a ogni struttura in cui lavori più di una persona. Ma è anche applicabile in quell’attività dove lavora una sola persona. Pensate a Proietti, Benigni o Grillo, che fanno uno spettacolo da soli. Se non avessero una forte organizzazione nelle cose da dire, nella sequenza con cui dirle, nei tempi e nei modi farebbero un flop. A molti è noto che la comicità è efficace perché l’attore sceglie con attenzione i tempi delle battute.
Dunque, senza organizzazione una squadra funziona male e non consegue risultati. Il concetto vale nell’economia, nell’arte, nello sport e in qualunque altro settore ove bisogna conseguire risultati. Naturalmente, in un’orchestra non possono starci elementi che non abbiano la stessa filosofia della squadra. Pensate quando suonano gli archi o i fiati: se qualcuno sbagliasse una nota sarebbe subito estromesso.

I più grandi direttori d’orchestra, da Arturo Toscanini a Lorin Maazel, da Giuseppe Sinopoli a Zubin Mehta, non lasciavano (e non lasciano) passare nulla. Questo rigore è a conoscenza di tutti i componenti dell’orchestra, i quali lo sanno, studiano ogni giorno, si impegnano al massimo, mettono passione nel loro lavoro perché a nessuno piace fare una cattiva figura che potrebbe compromettere la propria carriera.
Se tutto questo è noto, se i principi dell’organizzazione sono conosciuti dai professionisti – i quali dovrebbero sapere anche che il loro lavoro per ottenere risultati dev’essere fatto con amore e passione – non si capisce perché questi principi non debbano essere utilizzati pari pari nella pubblica amministrazione, a tutti i livelli.
Comprendiamo, perché non veniamo da Marte, che vi sono esigenze di tipo clientelare, che si estrinsecano nella indebita intromissione della politica nell’amministrazione. Però dobbiamo rilevare che tali intromissioni sono spesso richieste da burocrati incapaci e disonesti.

 
Un dirigente generale dello Stato, di una Regione o di un Comune ha abbastanza autonomia per potere organizzare la sua struttura in modo da produrre risultati. Ma c’è un punto da cui partire: se, cioè, il dirigente generale ha ben chiaro che l’incarico a lui affidato debba trasformarsi in un servizio a favore dei cittadini, di qualunque genere e tipo. Cittadini che potremmo chiamare  clienti.
Se, invece, il dirigente ritiene di essere in quel posto al servizio del suo dante causa e opera a favore di quest’ultimo, non solo si comporta in modo socialmente spregevole, non solo viene meno ai principi etici che devono comunque albergare nella pubblica amministrazione, ma non raggiunge gli obiettivi per i quali è collocato in quella posizione.
In altri termini, se così si comportasse, non farebbe il direttore d’orchestra ma il tappetino del suo padrone. È una questione di dignità che, come il coraggio, se uno non ce l’ha non può inventarsela.

Per fortuna, vi sono tanti dirigenti statali, regionali e degli enti locali, bravi professionalmente e in possesso di quei requisiti etici indispensabili alla loro missione. Si, infatti il lavoro di chi deve produrre un servizio a favore dei cittadini è proprio una missione. Chi dimenticasse questo valore sarebbe indegno del ruolo che riveste.
A questi bravi dirigenti è chiaro il concetto dell’orchestra e proprio per evitare stonature e dissonanze dovrebbero porre una barriera insormontabile alle cattive richieste che provengono dal ceto politico cattivo. Una fra queste è, per esempio, quella concernente i distacchi sindacali e burocratici. Il fatto che vi possa essere un dipendente della Regione siciliana che vada a lavorare per un ente statale è ignobile, perché viola il principio dell’autonomia finanziaria di ogni ente.
Il che significa che l’ente che sostiene un costo deve avere la contropartita di un servizio. Lo stesso dicasi per i distacchi sindacali, cioè di gente che è pagata dalla Regione e in quegli uffici non si è mai vista.
Sappiamo che nella struttura della Sicilia vi sono 5000 dipendenti in esubero, ma questo non giustifica il sostenimento del relativo costo senza utilizzare il loro lavoro.
 

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