Si torna a parlare di riaprire le case chiuse, ecco un paio di proposte - QdS

Si torna a parlare di riaprire le case chiuse, ecco un paio di proposte

redazione

Si torna a parlare di riaprire le case chiuse, ecco un paio di proposte

mercoledì 07 Maggio 2014

Due consiglieri comunali di Catania hanno chiesto al sindaco di farsi portavoce dell'abrogazione della Legge Merlin. Ma già ci sono alcune proposte, come quella della senatrice Pd Spilabotte e quella di... Antonio Razzi

“Riaprire le Case chiuse”. Non è Matteo Salvini, il segretario della Lega Nord – che pure vorrebbe abrogare la Legge Merlin con un referendum – a chiederlo. Questa volta a farsi promotori della legalizzazione dei luoghi di tolleranza sono due consiglieri comunali di Catania, che – come rivela Melania Tanteri in un articolo su Live Sicilia Catania – hanno chiesto al sindaco Bianco “di farsi portavoce nei confronti del Governo nazionale” dell’istanza. Giuseppe Catalano e Vincenzo Parisi, in una conferenza stampa, hanno dichiarato che “la prostituzione non solo non è stata debellata in questi cinquant’anni, ma al contrario sembra un fenomeno in continua crescita e che, ormai, si svolge prevalentemente sulle strade” (leggi a questo proposito il nostro servizio sui numeri della prostituzione in Italia e sul giro d’affari in mano alle mafie).
 
Live Sicilia scrive che ben 28 consiglieri hanno firmato l’ordine del giorno da presentare al primo cittadino etneo. In Parlamento ci sono già alcune proposte di legge in merito, una delle quali a firma del senatore di Forza Italia, Antonio Razzi (sì, proprio quello imitato da Maurizio Crozza). Il disegno di legge è consultabile a questo indirizzo e contiene alcune “chicche”, come l’istituzione di “operatori di assistenza sessuale (OAS)” – i quali risolverebbero il problema del “regolare scorrimento del traffico” (!) e l’obbligo di denunciare “alle autorità competenti” “l’eventuale danneggiamento del profilattico durante la prestazione”. Razzi si premura anche di dare una scadenza per la segnalazione: “entro il primo giorno feriale successivo all’evento”.
 
Sorvolando sul resto, appare molto più appropriata la proposta della senatrice del Pd, Maria Spilabotte (ne abbiamo parlato approfonditamente in quest’articolo del QdS del 26 marzo scorso).
 
Si tratta del disegno di legge 1201, presentato Senato della Repubblica il 10 dicembre scorso, che prevede zone di tolleranza, possibilità di associarsi e iscrizione alla Camera di Commercio. Detto in parole povere, il testo qualora diventasse legge non riaprirebbe le Case chiuse, ma di fatto permetterebbe alle sex workers di esercitare una libera professione, al pari di avvocati o medici.
Gli obiettivi del ddl, si legge nel documento depositato al Senato, sono molteplici: “sottrarre allo sfruttamento persone che per ragioni di obiettiva debolezza sono soggette allo sfruttamento; sottrarre, legalizzandolo pienamente, un mercato alle regole dei mercati clandestini e alla contiguità con il mondo criminale; portare ordine nelle città che, nelle ore notturne, in alcune zone sono autentici ‘bordelli’ a cielo aperto”. Per raggiungere questi scopi il testo da una parte disciplina l’esercizio della prostituzione, in forma individuale o cooperativa; dall’altra inasprisce la pene per gli sfruttatori.
 

 
Leggi ancora per approfondire il contenuto del Disegno di legge 1201/2013.
 
L’inasprimento delle pene. Il disegno di legge intende aggiunge al codice penale due distinte fattispecie criminose: la prostituzione coattiva e il reclutamento, introduzione o sfruttamento della prostituzione. Nel primo caso, “chiunque costringe taluno a prostituirsi è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da 5 mila a 50 mila euro”. Reclusione da due a sei anni, nonché multa da 3.000 a 30 mila euro, per chiunque “recluta o induce alla prostituzione”, “sfrutta” o “trae profitto” dall’altrui vendita del corpo, nonché per chi abbia “la proprietà, l’esercizio, la direzione o il controllo, anche non esclusivi, dei locali aperti al pubblico ove si esercita la prostituzione”.
Le novità e le depenalizzazioni. a) Per disincentivare l’esercizio della prostituzione nei luoghi pubblici, in base all’art. 3 del ddl, “Gli Enti locali” posso individuare delle aree “nei quali è consentito l’esercizio della prostituzione, concordando orari e modalità di utilizzo degli stessi”.
b) Con il ddl verrebbe meno la punibilità per il proprietario dell’immobile “concesso in locazione, comodato, uso, usufrutto o abitazione a persona che vi eserciti la prostituzione in forma individuale, purché l’eventuale corrispettivo non sia in alcun modo determinato in relazione all’esercizio dell’attività di prostituzione ovvero rapportato ai relativi proventi”. Questo per evitare che venga riproposto il modello delle case chiuse.
c) Altra novità è l’esclusione della punibilità delle prostitute che decidono di esercitare la professione sotto forma di cooperativa (il testo parla “di reciproca assistenza”). L’importante è che non ci siano “intermediari conviventi che traggano profitto dall’attività altrui”, né tanto meno è consentita la presenza dei minori dei luoghi di lavoro, ancorché figli delle lucciole.
d) La cosa più importante di tutto il testo, però, è probabilmente il riconoscimento di uno status professionale alle prostitute, che dovranno pagare sì le tasse ma potranno anche versare i contributi previdenziali. Oggi le lucciole, infatti, possono ricevere – attraverso il redditometro – gli accertamenti fiscali di Equitalia, ma senza essere di fatto riconosciute come lavoratrici. In base all’art. 5 del ddl, invece, le sex workers per esercitare la libera professione dovranno iscriversi presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA). La comunicazione andrà corredata di un certificato di idoneità psicologica ottenuto presso una qualunque azienda sanitaria locale (Asl), ma è “facoltativo allegare un certificato di sana e robusta costituzione che escluda la positività a una qualunque malattia che potrebbe essere trasmessa per via sessuale”. Il fine in questo caso, si legge nella relazione al Ddl, è evitare disposizioni “aids fobici”, e probabilmente anche per tale motivo è previsto come obbligatorio l’uso del profilattico (un obbligo che, è chiaro, sarà impossibile da controllare).
e) Il costo semestrale dell’autorizzazione, che dovrà essere anticipato alla CCIAA, qualora i ddl venisse approvato dal Parlamento sarà di 6.000 euro per l’attività full-time e 3.000 per quella part-time. Dovranno essere specificati tre giorni della settimana durante la quale si intende esercitare l’attività. Al di là di questi costi fissi, inoltre, le prostitute saranno assoggettate ai vigenti regimi fiscali e previdenziali.

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