Vietato parlare ai giornalisti, i dipendenti della Regione si imbavagliano - QdS

Vietato parlare ai giornalisti, i dipendenti della Regione si imbavagliano

redazione

Vietato parlare ai giornalisti, i dipendenti della Regione si imbavagliano

martedì 04 Febbraio 2014

I lavoratori sono scesi in piazza con le sciarpe al viso per protestare contro la "circolare-bavaglio" del ragioniere generale, Mariano Pisciotta. Ufficio stampa azzerato e fili delle comunicazioni tagliati: così in Sicilia si passa dall'informazione alla propaganda

Dipendenti “imbavagliati”, con le sciarpe sul viso. Così alcuni regionali, stamani in piazza davanti alla sede dell’assessorato all’Economia a Palermo per la manifestazione di Cgil Cisl e Uil, hanno voluto contestare la circolare con la quale il ragioniere generale della Regione, Mariano Pisciotta, ha vietato al personale di parlare con i giornalisti annunciando provvedimenti disciplinari per chi trasgredisce. Il provvedimento è stato diramato agli uffici nei giorni scorsi.
 
Qualche giorno fa, in un comunicato stampa congiunto, Assostampa e l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia avevano denunciato la gravità del provvedimento, che di fatto costituisce “un passo avanti nell’attuazione del progetto finale sul controllo completo dell’informazione in Sicilia”.
 
“La circolare del Ragioniere generale della Regione Siciliana – continuavano – che impedisce ai dipendenti di dare informazioni ai giornalisti – solo in parte legittimata su un piano meramente formale dal vincolo che lega un dipendente pubblico alla propria amministrazione – è un ulteriore preoccupante segnale della direzione presa da Crocetta nella gestione totale del flusso delle informazioni dall’amministrazione verso i cittadini”.
 
Il rischio vero è che in questo modo si passi dall’informazione alla propaganda. Come di fatto era già successo all’inizio del 2013, poco dopo l’azzeramento dell’Ufficio stampa (che il presidente aveva detto prima di ricomporre mediante un concorso pubblico e poi attraverso nomine, ma tutto questo non è mai avvenuto). Ricordiamo, infatti, a chi si fosse perso le nostre puntate sulle bugie di Crocetta (leggi qui), la scelta del presidente della Regione di pubblicizzare il proprio movimento politico attraverso la sua mail istituzionale.
 
È successo il 21 gennaio 2013 quando – in piena campagna elettorale per le elezioni politiche del 24 e 25 febbraio – nella casella di posta della redazione del QdS abbiamo ricevuto, dallo stesso indirizzo email che ci informa su quanto accade a Palazzo d’Orleans, un “messaggio promozionale” per il Megafono (la lista del presidente, al tempo in corsa per il Senato della Repubblica). Ma l’art. 9 della legge n. 28/2000 prevede il divieto per tutte le amministrazioni pubbliche, per il periodo che si estende dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto, “di svolgere attività di comunicazione, ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace svolgimento delle proprie funzioni”.
 
La situazione, intanto, non pare essere cambiata. “Dopo aver visto azzerato, in barba alla legge 150/2000 sulla trasparenza, l’ufficio stampa della Regione – si legge ancora nella nota congiunta di Assostampa e Ordine dei giornalisti – la Sicilia è diventata l’unica regione in Italia priva di un canale istituzionale legittimo di comunicazione fra l’amministrazione (che ha il dovere di informare) e i mass media e quindi verso gli amministrati (che hanno il diritto di essere correttamente informati)”.
 
“Sostituendosi ai giornalisti dell’ufficio stampa il governatore Crocetta e i suoi assessori firmano ogni giorno comunicati-proclami a senso unico. Col risultato – prosegue il comunicato – pericolosissimo per la democrazia in Sicilia, di avere in modo surrettizio sostituito l’informazione fatta dai professionisti con una pseudoinformazione senza se e senza ma, e soprattutto senza interlocutori in grado di valutare già in partenza la valenza delle notizie e soprattutto la loro veridicità”.
 
“E tante affermazioni già smentite dai fatti stanno lì a dimostrarlo” (per esempio queste, leggi).
 

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